Quel Michelangelo nel caveau. Un "giallo" mai chiarito in Curia

Il pittore Macchi: "Potrebbe essere un volano per la cultura"

Il vescovo Migliavacca

Il vescovo Migliavacca

San Miniato, 24 luglio 2016- Un "giallo" mai chiarito. Una storia avvincente con al centro un potenziale capolavoro, un viaggio da New York a San Miniato che ha delll’incredibile, un «silenzio» del quale non sono mai state chiarite pienamente le ragioni. La storia è quella del disegno attribuito a Michelangelo – dono alla città del Duca Pini di New York – conservato nel caveau della curia vescovile ed esposto al pubblico un paio di volte in trent’anni. Ma è un Michelangelo autentico? Arrivò in Italia come tale. Il Duca stesso scrisse che donava a San Miniato il pezzo più importante della sua collezione. La datazione è coeva, per Dilvo Lotti – che lo ricevette – non ci sono mai stati dubbi: «Solo Casa Buonarroti può dire ufficialmente come stanno le cose». Lotti è morto nel 2009 e il disegno a Casa Buonarroti – che ci risulti – non è mai arrivato.

L’argomento torna di attualità oggi che si parla dell’eredità di Lotti, della sua casa museo destinata – e non senza problemi – a diventare sede della Fondazione a suo nome. Quella casa piena di quadri, libri, scritti, corrispondenze preziose e rare che è stata anche «teatro» della battaglia per il Michelangelo dimenticato. Un disegno che a metà anni ’80 – nascosto nella fodera di un impermeabile – arrivò in Italia e fu portato, prima che in ogni altro luogo, a casa Lotti. La notizia fece il giro del mondo, a San Miniato fu organizzata un’iniziativa di respiro nazionale. Poi – tra tante promesse – cadde il silenzio. La voce di alcuni esperti, contattati nel tempo, ha negato che si trattasse di un Michelangelo autentico, per chiudere velocemente il caso con la più semplice attribuzione a qualche manierista. Resta il fatto che il disegno è comunque bello e antico. Perché non esporlo al pubblico godimento? «Potrebbe essere facile attrattiva per i ladri e costerebbe troppo di assicurazione», fu detto gli anni ’90, quando Lotti rilanciò con vigore l’urgenza di fare chiarezza.

Luca Macchi – che si sta occupando, come noto, del futuro di casa Lotti e con lei delle cose care a maestro – spiega: «E’ mancato coraggio e visione nel futuro a in questa storia – dice –. Ritengo che ci sia qualche dubbio sull’attribuzione certa a Michelangelo, ma ci sono anche ragioni perché possa dirsi originale. Ho sempre condiviso in pieno la battaglia di Lotti di cercare una valutazione ufficiale, certa e definitiva». Un’opera di Michelangelo può cambiare i destini culturali e turistici della città. La storia dell’opera fu ricostruita dallo stesso donatore: da quando i Rondanini acquistarono alla morte del sommo artista l’incompiuta Pietà, i disegni per la Crocifissione, le prime idee per Il giudizio universale al passaggio di questi nelle collezioni Windsor, fino alla scelta fatta nei primi anni ’80. Allora il Duca Pini, in una lettera del 22 dicembre 1984, indirizzata al pittore Dilvo Lotti, direttore del museo diocesano, comunicò definitiva la sua scelta: «Nel mio testamento ho lasciato la cosa più preziosa della mie collezioni, un disegno attribuito a Michelangelo, una Crocifissione, come se Michelangelo stesso lo avesse lasciato durante il suo breve passaggio tra le vostre mura».

Per Lotti , appunto, non ci furono mai dubbi e in uno studio scrisse: «Le mani del Crocifisso, auto ritrattano quelle dello scultore Michelangelo, riscontrabili nella Sistina e nella statue delle Tombe Medicee». Nel terzo millennio l’opera non ha mia visto la luce. «Potrebbe essere giunto il tempo della chiarezza». Un aiuto potrebbe arrivare dal nuovo vescovo Migliavacca che potrebbe chiedere le opportune verifiche. Che chiuderebbero un giallo d’arte.