Katalin, la mamma dei randagi del Lotti: «Da 10 anni aiuto i gattini. Ma adesso...»

Dieci anni fa l’infermiera ungherese decise di ‘adottare’ i 50 randagi che vivono nel quartiere

Katalin Szabò mentre prepara il «pranzo» per i suoi cinquanta gatti

Katalin Szabò mentre prepara il «pranzo» per i suoi cinquanta gatti

Pontedera, 28 febbraio 2015 - Codone fa capolino dalla sbarra d’accesso del pronto soccorso. Si guarda intorno, sembra impaziente. Piastrina, approfittando di un suo momento di distrazione, gli dà l’assalto da dietro. Mentre i due si mettono a bisticciare altri gatti rossi, grigi e neri spuntano qua e là dai giardini silenziosi di via della Bianca. È l’alba, ma la strada per l’ospedale Lotti brulica di vita. Poi all’incrocio con via Pascoli si delinea una figura umana e i giochi si fermano: appena un punto rosso sull’orizzonte che la banda felina però sembra riconoscere all’istante con una prontezza sconvolgente. La donna si avvicina con due enormi buste verdi. I gatti le vanno incontro per accompagnarla miagolando fino alla loro «casa», una delle diciotto colonie di Pontedera. «Tutti a mangiare. È l’ora!».

KATALIN fa l’appello: li chiama per nome. Con i movimenti svelti imbandisce sull’asfalto una tavola ricca di crocchette. «Questi gatti devono lottare contro le intemperie, hanno un’esistenza molto difficile - spiega -. Cerco di preparargli un buon pasto: servono almeno dodici barattoli di bocconcini al giorno più svariati chili di croccantini al mese. Quando ho iniziato a prendermi cura di loro erano degli scheletri. È servito del tempo per farli fidare di me. Adesso hanno capito che non devono avere paura e ogni mattina li trovo qui ad aspettarmi. Sanno che prima di entrare al lavoro in ospedale penso a loro».

UN RITUALE che si ripete da dieci anni. Da quando cioè l’infermiera ungherese decise di ‘adottare’ i 50 randagi che vivono nel quartiere. Una bellissima storia d’amore iniziata in una piovosa mattina d’inverno. «Ero sulla porta del laboratorio durante la pausa caffè - racconta -. Mi trovai davanti una gattina tutta bagnata che piangeva. Non riuscii a resistere, mi chiesi che cosa potessi fare per lei ed eccomi qua. Ora però non riesco più a sostenere la colonia sia dal punto di vista economico che fisico. Ho 63 anni e molti problemi di salute. Guadagno 1.500 euro e ne spendo oltre 400 per comprare il cibo a questi poveri mici e aiutarli quando non stanno bene. Non ce la faccio più, ma il pensiero di lasciarli soli mi tormenta. Mi alzo ogni giorno alle 4.20 per scendere da Terricciola e venire a governarli anche quando sono in ferie e sto male. Ho scritto al Comune di Pontedera e al governatore della Regione, Enrico Rossi, per chiedere aiuto perché non voglio che la colonia venga abbandonata. Mi sono imbattuta in molta indifferenza, in pochi sono sensibili verso gli animali». Da qui il doppio appello: ai pontederesi per trovare un nuovo gattaro, alle istituzioni per strappare la promessa di un aiuto concreto. «È una questione di civiltà - chiude Katalin -. Sono serviti sette mesi per avere il permesso di prendere il surplus della mensa del Lotti. Il cibo non bastava e spesso non era adeguato, da dicembre però non posso contare più nemmeno su quello perché la cucina è stata trasferita a Pisa. Che fine faranno i randagi?».