Ricatta l'ex collega con un misterioso video scottante, ma la pellicola non si trova

Pontedera, giovane a processo per una presunta estorisine di 10mila euro. "Se non mi dai i soldi lo mando alla tua fidanzata"

Tribunale di Pisa

Tribunale di Pisa

Pontedera, 16 dicembre 2017 - C'è un video misterioso al centro di una vicenda di presunta estorsione tra due ex amici e soprattutto ex colleghi. «Se non mi dai diecimila euro mando il nastro alla tua compagna». Parole che hanno portato – nell’aula penale del giudice pisano Luca Salutini – un meccanico quarantenne della zona, M.B. le sue iniziali. Evitiamo di pubblicare il nome a tutela dell’identità della presunta destinataria di quella cassetta di cui ora, ai fini processuali, è necessario rintracciarne copia. Ma riepiloghiamo la storia sulla quale è stata celebrata un’importante udienza dell’istruttoria in tribunale a Pisa. Tutto origina dal sodalizio tra due giovani meccanici e dalla scelta di rilanciare, da parte di uno dei due, l’officina nella quale stava già lavorando (che prima gestiva con il suocero). L’avventura inizia – come ha ricordato l’imputato durante il breve esame reso in aula – con la sistemazione del quadro debitorio, l’acquisto di macchinari per la diagnostica dei mezzi e con l’entusiasmo di una nuova sfida messa in piedi un un territorio limitrofo alla Valdera. Ma l’euforia iniziale si spegne presto, iniziano liti e punti di vista molto diversi. Dopo un anno è già tempo di andare ognuno per la propria strada. Chi resta in officina? «Scelse di restare lui – ha dichiarato l’imputato rispondendo al pubblico ministero Giovanni Pepe –. Così facemmo i conti. Io, in officina, avevo portato anche importanti migliorie sui macchinari oltre ad aver messo la mia parte dei soldi come stabilito negli accordi iniziali. Le valutazioni furono fatte con un commercialista anche tenendo conto del valore di macchinari e del giro d’affari».

La cifra concordata sarebbe stata di 30mila euro. Trentamila – secondo la contestazione dell’accusa – saliti ben presto a 40 mila ovvero dieci mila in più. E proprio qui si anniderebbe la richiesta estorsiva che il processo deve provare a carico dell’imputato. Soldi, appunto, legati ad una videocassetta - o pellicola otto millimetri che dovrebbero contenere immagini compromettenti. Un video che sarebbe dovuto essere recapitato alla fidanzata della parte offesa ed ai suoi familiari. Un video che conteneva quali immagini compromettenti? Ad inchiodare l’imputato, però, ci sarebbe una registrazione audio prodotta in udienza dall’ex socio nella quale si parla proprio della video cassetta di cui però manca la prova della sua stessa esistenza. L’imputato ha negato la circostanza e ha detto di non saperne niente del film. Dove sta la verità? Il giudice Salutini ha chiuso l’udienza rinviando al prossimo settembre disponendo un’integrazione che faccia chiarezza sulle due circostanze cardine che tengono in piedi il processo: dov’è il video o la pellicola? E quale fu il valore delle attrezzature acquistate e la cifra d’ingresso nella società da parte dell’imputato?.