Il giorno dopo la morte di Marinella Benvenuti minacciò il nipote di lei

Così l’operaio (condannato a 18 anni) torna di nuovo in tribunale

La vittima, Marinella Bertozzi

La vittima, Marinella Bertozzi

Santa Croce, 7 dicembre 2016 - Il giorno dopo la morte di Marinella Bertozzi (il 30 ottobre 2014), quando il corpo della 50enne era ancora nella villetta di Querce in attesa che – su disposizione dell’autorità giudiziaria – fosse portato in medicina legale, ci fu un battibecco tra Giacomo Benvenuti – che per quella morte si trova agli arresti domiciliari e in primo grado è stato condannato a 18anni di carcere – e il nipote della donna, Cristiano Bertozzi.

E’ quest’ultimo a portare nuovamente l’operaio conciario, 41enne, davanti il giudice (il 14 dicembre): stavoltà dovrà rispondere del reato di minacce. Bertozzi disse a Benvenuti, che voleva restare nella casa dove c’era il cadavere, di trattenersi due minuti e poi di andarsene «in quando non gradito».

«Fu in quel momento che – riferisce Cristiano Bertozzi – lui mi disse minaccioso ‘te la farò pagare’». Questa circostanza è diventata querela e quindi un procedimento giudiziario parallelo al caso più rilevante delle circostanze della morte della donna, giudicate nell’agosto scorso con rito abbreviato dal Gip Paola Belsito che ha riqualificato l’accusa e ha condannato il marito di Marinella per morte come conseguenza del reato di maltrattamenti.

Sentenza impugnata già dal pm che aveva chiesto l’ergastolo e che ora chiede alla corte d’appello di riformare la sentenza riqualificando il fatto come riportato nelle originali imputazioni. Un secondo grado di giudizio al quale Roberto Bertozzi, fratello di Marinella – fu lui a far partire le indagini con una denuncia contro ignoti nelle ore successive la morte della donna – tiene, insieme ai suoi familiari, tantissimo.

E’ lui, con davanti le dichiarazioni d’appello del dottor Cutrignelli a dire: «Non può finire com’è stato deciso in primo grado...». Ci sono intercettazioni che proverebbero ben altro copione e che il pm cita. Nonostante il giudice di primo grado le abbia reputate prive «di una portata accusatoria apprezzabile».

Ma ancora di più per la Procura ci sarebbero i fatti di «un’azione devastante» che deporrebbe «in maniera univoca e decisa per l’intenzione di causare la morte».