Una mano robotica che si muove in modo naturale

Pontedera, il nuovo traguardo nei laboratori del Sant’Anna

Robot

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Pontedera, 7 dicembre 2017 - Per la prima volta sono stati usati dei magneti per far muovere le dita di una mano robotica in maniera simile alle dita naturali. È stato possibile grazie all’esperimento italiano che ha utilizzato il campo magnetico, anziché i segnali elettrofisiologici, per monitorare la contrazione dei muscoli residui di un arto amputato e ha usato questa informazione per muovere le dita della protesi. L’esperimento, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, si deve ai ricercatori dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna che hanno eseguito dei test nei laboratori di Pontedera.

Il prossimo passo sarà rendere i magneti biocompatibili e impiantabili, quindi sarà possibile la sperimentazione sull’uomo. «Le protesi attuali della mano funzionano sfruttando i segnali elettrici dei muscoli dell’arto residuo, ma possono solo aprire e chiudere tutte le dita insieme» ha detto all’ANSA Christian Cipriani che coordina il progetto Myki (Bidirectional Myokinetic Implanted Interface for Natural Control of Artificial Limbs), che è finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca.

«Il nostro obiettivo - ha aggiunto - è far muovere le dita della protesi in modo indipendente, come quelle naturali, e restituire anche le percezioni sensoriali». Per dimostrare che è possibile è stato utilizzato un avambraccio robotico dotato di muscoli artificiali fatti di fili di nylon, che replicano il movimento dei muscoli naturali. Nei muscoli artificiali, ha spiegato il ricercatore, «sono stati installati dei magneti». Di conseguenza, quando i muscoli si muovono, lo fanno anche i magneti e il loro campo magnetico contiene le informazioni di questo movimento. I ricercatori hanno quindi letto queste informazioni con dei sensori «che - ha rilevato Cipriani - le hanno decodificate e trasformate in un comando spedito alle dita della mano robotica». L’esperimento, al quale hanno collaborato anche Sergio Tarantino, Francesco Clemente, Diego Barone e Marco Controzzi, ha mostrato la possibilità di monitorare la contrazione di quattro muscoli artificiali ma l’obiettivo è arrivare a monitorare tutti e 18 i muscoli che controllano il movimento della mano.