Fanghi tossici nei campi di grano. La Procura pronta a svelare le carte

Valdera, stretta finale per l’inchiesta che portò all’arresto di sei imprenditori

Fanghi tossici

Fanghi tossici

Pontedera, 20 settembre 2017 - MA SONO stati davvero avvelenati da fanghi tossici, spacciati come ammendanti, 800 ettari di campi tra le province di Pisa e Firenze? Il pubblico ministero della Dda fiorentina Giulio Monferini si starebbe avviando alla conclusione delle indagini sull’inchiesta che, un anno fa, sembrò travolgere in un soffio l’immagine di uno spicchio di Toscana dove l’agricoltura registra la crescita del «bio» e ha come punti di forza coltivazioni di alta qualità e prodotti tipici.

Campi che sono sparsi tra i comuni di Peccioli, Palaia, Lajatico, Crespina Lorenzana e Fauglia nel Pisano, e Montaione nel Fiorentino. La conclusione delle indagini – i difensori non hanno ancora ricevuto l’avviso – sarà un passaggio cruciale per iniziare capire cos’è successo davvero, alla luce delle carte in mano agli inquirenti. Qui, infatti, ci sono i Comuni pronti a costituirsi parte civile – come anche le associazioni agricole (Cia Pisa in testa) – nell’eventuale processo penale (l’incarico è già stato affidato all’avvocato Alberto Marchesi). «Traffico illecito di rifiuti» (con introiti ipotizzati per milioni per l’organizzazione che spargeva i fanghi) sarebbe la principale accusa: la stessa con cui il pm fece arrestare l’estate scorsa i vertici di alcune imprese. A supportare il teorema della procura ci sarebbero i dati delle perizie: i valori di idrocarburi riscontrati sarebbero ben oltre il limite di legge.

DURANTE le indagini è emerso che gli agricoltori che ricevevano i fanghi (pratica legale purché le caratteristiche del fango rispettino le caratteristiche fisico-chimiche di legge) non li pagavano, sebbene fossero spacciati come concimi, ma al contrario venivano compensati – anche fino a 500 euro ad ettaro – per permettere agli smaltitori di sversarli sui terreni. Qui ci sarebbe la scintilla di un primo corto circuito tra pratica legale e sospetto criminale. Inoltre, in alcuni casi, sembra fossero gli stessi trasportatori a mescolare i fanghi con la terra. I numeri della vicenda sono importanti. Si parla migliaia di tonnellate di presunti fanghi nocivi (anche pulper di cartiera), sparpagliati nei campi. E si parla di valori di idrocarburi trenta volte oltre il limite di tolleranza fissato dalla legge, secondo quanto emerso dalle analisi effettuate dai consulenti della procura di Firenze sui campioni sequestrati nell’ambito dell’inchiesta che portò al sequestro di beni per più di 7 milioni di euro e all’esecuzione di sei misure di custodia cautelare nei confronti di altrettanti imprenditori.

Questi accusati di aver smaltito in modo illegale, fin dal 2013, oltre 80 mila tonnellate di rifiuti. Complessivamente sono 31 le persone che sono state indagate in quest’inchiesta il cui filone criminale unisce Toscana, Veneto e Campania dove gli inquirenti cercano anche legami con imprese dell’area campana gravitanti nell’orbita dei clan dei Casalesi e della cosca Belforte. Una vicenda che, nella nostra regione, a vario titolo, ha interessato le province di Pisa, Lucca, Firenze e Livorno ed ha avuto contraccolpi sull’immagine del territorio. Tanto che il Comune di Peccioli, nel pisano, ha commissionato ad uno studio specializzato una perizia su sette dei terreni incriminati dall’inchiesta. I tecnici incarica dal sindaco Renzo Macelloni, determinato a fare chiarezza, hanno posizionato stazioni di campionamento ed effettuato 250 prelievi che hanno significato 7500 dati. La conclusione? Molti parametri sono addirittura sotto il limite di rilevazione della macchina. «Quindi la qualità dei territori è in linea con i parametri di legge», disse Macelloni presentando la perizia. Ma saranno le carte in mano al pm distrettuale a chiarire, però, se le colline della Valdera dovranno essere al centro di un processo.