"Ci sono tutti gli elementi per riaprire il caso Carnicci"

Giallo del Tevere: due testimonianze sono il perno dell'istanza dell'avvocato De Pietrro alla Procura di Roma

L'avvocato De Pietro e la mamma di Federico

L'avvocato De Pietro e la mamma di Federico

Santa Croce, 20 luglio 2016 -  È all’attenzione del pm Francesco Scavo l’istanza di riapertura delle indagini sulla morte di Federico Carnicci, l’artista di strada di Santa Croce deceduto nel luglio scorso in circostanze molto simili a quelle di Beau Solomon, lo studente morto affogato dopo essere stato scaraventato nel fiume Tevere da un senzatetto. Nell’atto in cui si chiedono nuove indagini l’avvocato della famiglia di Carnicci, Carmine De Pietro, cita quanto emerso da alcune indagini difensive e in particolare alcuni elementi che collegherebbero la scomparsa di Carnicci allo stesso ambiente nel quale si sarebbe consumato l’omicidio dello statunitense. Nell’istanza si fa riferimento ad un testimone.

Il senzatetto arrestato per caso Solomon, Massimo Galioto, avrebbe detto in passato, prima della vicenda di Carnicci, di aver affogato nel Tevere due persone per una questione di debiti. In particolare, lo stesso testimone, ascoltato ben prima dei tragici fatti legati a Solomon, avrebbe riferito che Galioto, nel corso della medesima conversazione, avrebbe detto che «ogni tanto i toscani vanno affogati». Queste dichiarazioni dovranno essere ora vagliate dal pm della procura capitolina. Nel documento depositato negli uffici di piazzale Clodio, inoltre, si cita un secondo testimone che avrebbe invece riferito di aver appreso da Carnicci di un litigio avuto da quest’ultimo con Galioto e una terzo senzatetto. In quel caso, la lite sarebbe scoppiata per una serie di furti subiti da Carnicci nella sua tenda.