Bambino ucciso in Burkina Faso, il dolore dei parenti toscani

Il cugino (e omonimo) del padre vive a Santa Croce sull'Arno: "Ci eravamo fatti gli auguri per Natale". Il volontario di Shalom. "Lo conosciamo bene"

MIL11B__WEB

MIL11B__WEB

Santa Croce sull'Arno (Pisa), 18 gennaio 2016 - Michel Santomenna, il bambino di nove anni tra le vittime dell’attentato in Burkina Faso, rivendicato da Al Qaeda per il Magreb islamico, ha parenti a Santa Croce sull’Arno. Qui vive un cugino, fra le altre cose, omonimo del padre. Una omonimia che domenica aveva ingenerato un equivoco, ritenendo che la famiglia Santomenna titolare del bar Cappuccino assaltato in Burkina fosse santacrocese. In realtà si tratta appunto del cugino.

Gaetano Santomenna è lo stesso nome del parente di Santa Croce che in questi giorni è in Lombardia ad assistere l’anziana madre. Nella giornata di domenica gli occhi erano puntati sulla capitale della concerie a causa proprio dell’omonimia. "Ho saputo della disgrazia perché mi ha chiamato mia figlia che vive a Ponte a Egola – dice Gaetano Santomenna –. Mio cugino l’avevo sentito a Natale, ci siamo scambiati gli auguri. L’ultima volta che l’ho visto è stato nel 2014 in occasione di un matrimonio di parenti in Basilicata".

"Siamo tutti molto sconvolti e addolorati – racconta Gaetano – Sto cercando di mettermi in contato con lui". Gaetano Santomenna in Burkina Faso si trova da almeno vent’anni. "Ha fatto molta fortuna", aggiunge il cugino.

Ora è il titolare del ristoranteCappuccino preso di mira dagli attentatori. "Ma i suoi esordi sono con i panifici – dice Luciano Campinoti, tecnico dei pozzi per Shalom, appena rientrato dal Burkina dov’era rimasto bloccato dagli attentati – Io sono vent’anni che partecipo alle missioni umanitarie e lo conosco bene. Ho parlato con lui anche le sere precedenti l’attentato, è un amico di noi Shalom: tutte le sere andiamo da lui a prendere un buon caffè da quando ha messo il bar pasticceria tre anni fa". Il figlio di Santomenna si trovava all’interno del locale al momento dell’assalto insieme a sua madre, cittadina ucraina, alla sorella della madre e alla nonna materna.

Invece hanno fatto tutti ritorno in Italia i volontari Shalom guidati dal fondatore del movimento don Andrea Cristiani. Erano rimasti bloccati in Africa dopo gli attentati a causa della chiusura del’aeroporto. Dice Campinoti: "Sicuramente tornerò nuovamente in Africa, abbiamo tanti progetti da portare avanti e con la campagna dei pozzi abbiamo salvato anche vite umane». Don Cristiani aggiunge: «Il movimento ha radici ormai molto forti in Burkina dove Shalom ha fatto molto e continuerà a farlo".