Barriere coralline stampate in 3D: la firma è di un nostro ingegnere

Enrico Dini, pontederese, sta lavorando anche alle case

Riproduzione case stampate (Germogli)

Riproduzione case stampate (Germogli)

Pontedera, 19 luglio 2014 - TRA DUBAI ed il Bahrein presto potrebbe prender vita la barriera corallina edificata dalle stampanti di Enrico Dini, ingegnere pontederese più celebre nel resto del mondo che nella sua terra. Di lui, basta un veloce giro su Internet, si parla come dell’uomo che stampa le case in 3D. L’ha già dimostrato, anche se ora sta pensando alle case per i pesci stampate con la sabbia, in attesa di applicare il know how all’edilizia per gli umani. Dini, che abbiamo intervistato poco dopo un suo intervento apprezzatissimo all’acquario di Roma, dice: «Ho importanti contatti in vari Paesi, in questi giorni stiamo trattando una commissione di cento moduli per comporre un grande barriera corallina in Spagna». Insomma, il futuro è già adesso per Enrico Dini, 52 anni, che nel 2008 stampò in 3D il primo conglomerato, una sorta di gazebo alto due metri che battezzò Radiolaria, come l’ameba caratterizzata da uno scheletrino siliceo di pochi centesimi di millimetro. Enrico Dini sta per iniziare una sperimentazione delle sue barriere su vasta scala in alcuni grandi porti del mondo. Dini è l’inventore di un sistema con il quale, utilizzando la sabbia al posto della carta e un legante liquido al posto dell’inchiostro, si possono creare oggetti reali. Anzi, si possono “stampare” le case e, almeno in parte, dire basta con ponteggi, mattoni e cazzuole.

LA SUA è una storia di porte in faccia, di fuga dall’Italia per trovare in Inghilterra, nel 2008, i primi interlocutori importanti pronti ad ascoltarlo, a credergli e quindi a dare inizio alla nuova avventura. Dini ci ha creduto e ci crede fino in fondo. Lui stesso ha realizzato la stampante sei metri per sei che lavora come un comune inkject stendendo fogli di sabbia su cui scrive con l’inchiostro-collante; passaggio dopo passaggio si crea un cubo di granelli che alla fine del procedimento vengono spazzolati via fino a rivelare la creazione. «La tecnica — spiega — consiste nel realizzare un prodotto depositando il materiale a strati». Il macchinario si chiama D-Shape e se l’Italia ci avesse creduto si sarebbe assicurata una leadership inattaccabile in un modo nuovo di fare edilizia con una tecnologia rivoluzionaria che permette di eliminare quasi del tutto il trasporto dei materiali in quanto D-Shape edifica stratificando millimetro su millimetro sabbia cavata in loco e trasformata. Intanto, dividendosi tra l’Italia e l’Inghilterra, e in attesa che i tempi siano maturi per l’edilizia, Dini si è dedicato all’applicazione di questa tecnologia al mondo marino. «DICIAMO che sono più pronto per i pesci che per gli umani. Quella delle barriere coralline è indubbiamente un’opportunità, ma non la sola perché con questo sistema si possono stampare blocchi di forma libera: sto lavorando anche per l’edilizia a sassi abitabili a impatto zero». «Il mio inizio nel mondo dei pesci — ricorda — è stato con le rocce per acquari, poi nel 2009 durante una conferenza a Boston nacque l’idea progetto di stampare una barriera e facemmo la sperimentazione nel mare toscano: la prima cosa da dimostrare era la resistenza all’acqua e la sua interazione con l’ambiente marino. I risultati furono entusiasmanti».