Vicofaro, la chiesa multireligiosa fa discutere

I pistoiesi si dividono. Per qualcuno la preghiera 'multirito' voluta da don Biancalani è un ìsegnale perfetto in questi tempi difficili', per altri 'servono limiti chiari'

Don Massimo Biancalani (Foto Castellani)

Don Massimo Biancalani (Foto Castellani)

Pistoia, 1° maggio 2016 - Siete favorevoli ad aprire le chiese alla multireligiosità? Se per alcuni Dio è unico e si può pregarlo tutti insieme, altri trovano nelle iniziative come quella organizzata da don Massimo Biancalani a Vicofaro, con tanti di balli e canti in chiesa, una forzatura, perché «gli spazi per pregare non mancano. Capisco e condivido l’ottica dell’integrazione, ma se andiamo noi da loro non veniamo accolti allo stesso modo», dice Federica Bernardini.

«Che c’entra? - replica Massimo Mantelli - Non si tratta di “dare per avere’’ Se questo può servire sotto il profilo dell’integrazione, ben venga! Del resto questo è un problema che riguarda in questo momento proprio noi che viviamo in Italia». La recente serata nella chiesa di Vicofaro dedicata ai canti dei vari credi religiosi ha sollevato il dissenso di quanti, magari pur essendo favorevoli all’ospitalità e all’integrazione tra popoli, ritiene che la chiesa debba comunque servire solo alle preghiere dei cattolici. «Mi sta bene condividere tutto, ma la chiesa è nostra e deve rimanere un luogo di culto esclusivo della nostra religione - precisa Paola Michelini - le altre religioni abbiano i loro spazi». «Noi in chiesa vogliamo vedere i bambini che vengono battezzati e sentire i loro canti e le preghiere in italiano che fanno al momento della prima comunione», spiegano Norma e Giovanni Pancani. Il pensiero di vedere delle persone che pregano in chiesa in un’altra lingua, insomma, per alcuni è già motivo di disagio. Eppure, ormai non dovrebbe essere più così strano assitere a una messa in arabo: «Ci sono tanti arabi cattolici che vivono in Italia - chiarisce Rami Milad - che pregano nelle chiese italiane ma nella loro lingua».

Insomma, in epoca di globalizzazione e intercultura, la preghiera può essere il mezzo per accomunare le persone. «Non bisogna essere legati a una concezione del luogo di culto aracaica e desueta - sostiene Cristian Menegatti - capisco che le persone facciano fatica ad accettare questa idea, ma la società sta andando in questa direzione e le nuove generazioni ne stanno prendendo atto». I giovani quindi ormai sono i più abituati alla società multietnica, e non sembra che certi nuovi scenari religiosi li turbino più di tanto: «Dire apriamo le porte della chiesa e venga chi vuol venire - affermano Andrea Ballocci e Marta Tesi - è il più bell’esempio che si possa dare in questo momento di tensioni internazionali».