Vendemmia in quota, la sfida è nata a Cutigliano

I vini di Giuseppe Corsini delle "Roncacce" di Davide Costa

Lavoratore impegnato in una vendemmia (Foto Germogli)

Lavoratore impegnato in una vendemmia (Foto Germogli)

Pistoia, 8 ottobre 2015 -  Se la chiamano «viticoltura eroica» qualche motivo ci sarà. La volontà di sfidare gli elementi, di produrre vino laddove il vino a rigor di logica non si potrebbe fare. Succede a Lampedusa, dove le viti vengono coltivate in delle specie di buche per riparare le piante dai venti che soffiano incessantemente da ogni direzione. Succede in Val d’Aosta a mille metri di quota. E da qualche tempo succede anche al Melo di Cutigliano, dove Giuseppe Corsini, titolare dell’azienda agrituristica Le Roncacce di Cutigliano ha deciso di rispondere con i fatti ai clienti dell’agriturismo che scherzosamente gli rinfacciavano che il vino fosse uno dei pochi prodotti che la sua azienda non era in grado di produrre. E così Corsini ha deciso di raccogliere la sfida e mettere a dimora delle viti a quota 1.300 metri sul livello del mare creando una serie di filari tra i più alti d’Italia. «Per capire se era possibile coltivare viti a questa quota – spiega orgoglioso Corsini – tre anni fa sono andato in Val d’Aosta al Cervim (Centro di ricerca, studi e valorizzazione per la viticoltura di montagna, ndr) e abbiamo portato loro le analisi del terreno, le foto della zona dove avrei voluto piantare le viti, i dati delle precipitazioni. E alla fine mi hanno consigliato quattro diverse varietà di viti che ho provato a mettere a dimora». A quel punto sono state messe a dimora varietà selezionate sia per la quota sia per la loro resistenza a patogeni o problematiche fitosanitarie. Il vigneto è a uso familiare, cioè non destinato alla commercializzazione dei prodotti.

«Sono state impiantate – spiega l’agronomo Lorenzo Vagaggini – circa cento piante di souvignier gris (vitigno a bacca bianca selezionato di recente), di baron (vitigno a bacca rossa di provenienza austriaca) e di pinot nero. Tutte le viti hanno attecchito anche se il primo inverno sono state danneggiate fortemente dalla neve. Il baron e soprattutto il souvignier gris hanno dimostrato una buona vigoria e in questa stagione hanno dato i loro primi frutti, mentre il pinot nero è stato un fallimento. Recentemente il vitigno souvignier gris è stato introdotto nella provincia di Bolzano come uva da vino da sperimentare sia per le sue caratteristiche sia per la spiccata resistenza alle malattie fungine che ne fa una delle uve con minore necessità di trattamenti fitosanitari e che la rende adattissima alla coltivazione con metodo biologico. Quest’anno sono stati vendemmiati circa 30 kg di uva in prevalenza di souvignier gris e è stato deciso di sperimentare la vinificazione in bianco. «Se tutto procede per il meglio – conclude Corsini – l’idea sarebbe quella di provare a spumantizzarlo con metodo classico magari per festeggiare l’arrivo del 2017». Cin cin.