Uccise l'ex moglie: «Non ci fu premeditazione». Confermati diciotto anni

L’amarezza del fratello di Beatrice

Il processo

Il processo

Pistoia, 28 novembre 2014  - LA CORTE d’Assise d’appello ha confermato la sentenza di primo grado e quindi la condanna a diciotto anni di carcere per Massimo Parlanti che due anni fa, il 13 dicembre, uccise l’ex moglie. La strangolò dopo averla massacrata di botte nella casa dove avevano vissuto insieme, alla Nievole.

Il ricorso in appello conteneva più istanze che, all’esito della sentenza e comunque in attesa delle motivazioni, che ne chiarirano ogni aspetto, sono state tutte respinte.

Dopo la condanna, con rito abbreviato, pronunciata dal giudice del tribunale di Pistoia Alessandro Buzzegoli, il pubblico ministero Claudio Curreli, che aveva diretto le indagini dei carabinieri sulla tragedia, aveva presentato ricorso perchè in Cassazione perchè, in quella sede, venisse affermato quello che era il caposaldo della pubblica accusa: la premeditazione.

IL RICORSO era quindi confluito nell’appello, dove i legali della famiglia Ballerini, l’avvocato Filippo Viggiano e Beatrice Bonini, del foro di Firenze, avevano rafforzato tale richiesta chiedendo alcuni accertamenti peritali che riguardavano telefonate e messaggi e il fatto che, come ci ha spiegato l’avvocato Viggiano, per alcuni accertamenti, secondo la parte civile, era necessario il confronto di frammenti del Dna.

I difensori di Parlanti, gli avvocati Enrio Zurli e Luca Bisori del foro di Firenze, avevano puntato sulla possibilità che la Corte d’Appello, cui chiedevano il riconoscimento delle attenuanti generiche, potesse dare un peso ancora maggiore alla confessione di Parlanti. «Dal nostro punto di vista – ci ha detto l’avvocato Zurli – la conferma dell’esclusione della premeditazione, più che soddisfarci, consolida la ferma convinzione che avevamo che questa non ci fosse».

Parlanti, 45 anni, ex imprenditore di Monsummano, si consegnò ai carabinieri quattro giorni dopo l’omicidio. Quel giorno lui e Beatrice, che lavorava in banca a Prato ed era tornata a vivere con i due bambini, a casa dei genitori, a Campi Bisenzio, si erano visti a Nievole perchè l’uomo doveva recuperare alcuni oggetti.

Ci fu una discussione, poi la selvaggia aggressione, dopo la quale l’uomo andò a prendere i bambini a scuola e li tenne con sè fino a sera per poi partecipare alle ricerche della moglie che fu trovata, la sera di quel 13 dicembre, senza vita.

«Un esito che mi aspettavo – ha commentato per noi ieri sera l’avvocato Viggiano –. Resto persuaso che la premeditazione ci fosse. Mi interessa come la corte motiverà sui vestiti».

I VESTITI. Parlanti si cambiò dopo aver ucciso Beatrice. Si ipotizzò che gli abiti li avesse con sè.

L’esigenza di giustizia e di verità che il fratello e i genitori di Beatrice hanno sempre espresso non ha trovato, in appello, l’approdo che speravano: «Mi è dispiaciuto – ci ha detto Lorenzo Ballerini – che non sia stato dato seguito al ricorso del pm Curreli. Ho visto una giuria attenta e accorta davanti alla puntuale ricostruzione del giudice relatore. Ma che dispiacere che non siano interessate le richieste di approfondimento di indagine come se, alla fine, non fosse la verità ad interessare».

lucia agati