Tessile, i dati allarmanti della CNA: "Dal 2001 i telai nel distretto sono passati da 11.500 a 2.950"

Per il presidente Luca Santi la ricetta per combattere la crisi è: "Creare reti di imprese e aiutare le aziende che non si arrendono e continuano a crederci"

Luca Santi

Luca Santi

Pistoia, 8 agosto 2014 - «Creare reti di imprese e aiutare le aziende che non si arrendono e continuano a crederci». E’ l’unico modo per arginare la moria delle ditte tessili conto-terzi secondo Luca Santi presidente di Cna della piana pistoiese e di Cinzia Chiti, presidente di Cna Federmoda di Pistoia, che analizzano i numeri drammatici di una crisi a cui resistono solo le imprese più strutturate. I dati snocciolati da Luca Santi sono impietosi: «Dal 2001 i telai sono passati nel distretto tessile da 11.500 a 2.950 stimati – afferma il presidente di Cna della piana pistoiese – inoltre storicamente le ditte lavoravano di norma 18 ore, quindi quasi 2 turni e mezzo, oggi invece la maggior parte si ferma ad un ciclo di utilizzo degli impianti di sole 12 ore con in più una forte stagionalizzazione del lavoro. I volumi produttivi, sempre dal 2001, sono crollati quasi del 50%».

Oltre ai dati quantitativi preoccupa la debolezza della struttura delle aziende. «Oltre la metà delle imprese ha forma individuale – fa notare Cinzia Chiti, Presidente CNA Federmoda di Pistoia - solo un decimo è società di capitali, 6 su 10 non hanno personale dipendente e ben l’84% non prevede di fare nuove assunzioni nei prossimi 5 anni. Inoltre il 25% è mono committente ed esiste ancora una grossa fetta di tessiture (40%) che non effettuano in proprio la fatturazione. In questo scenario le aspettative dei terzisti non possono che essere negative, con il 45% che pensa di cessare l’attività. Il 27% dei tessitori ritiene addirittura che il Distretto non avrà un futuro».

Cosa fare in questa situazione? Poiché le aziende più strutturate soffrono di meno e fanno il 75% del fatturato totale, occorre modificare il modello organizzativo. «Occorre anche agire su noi stessi – sostiene Cinzia Chiti – iniziando a ragionare in termini di creazione di reti, formali o informali, che aiutino a crescere e ad ottimizzare i costi». «Serve un rapporto di maggiore collaborazione con la committenza – aggiunge Luca Santi - e ciò xarebbe più facile se i terzisti con lo stesso committente si coordinassero, aumentando così il proprio potere contrattuale».

Infine è indispensabile il sostegno delle istituzioni. ​«La Regione deve emettere bandi di finanziamento specifici per le piccole imprese terziste – chiede Santi - senza privilegiare come negli anni scorsi le grandi aziende, sperando in una ricaduta sull’indotto che non è mai avvenuta. Ma anche i comuni e le camere di commercio devono aiutare le imprese per esempio con un sistema di incentivi alle aziende ancora in zone residenziali che si spostino in zone artigianali o industriali. Non ci dimentichiamo - conclude Sant - che questo settore fa ancora oltre 65 milioni di euro di fatturato e ci lavora gente che non ha intenzione di arrendersi».