Stalker condannata a quattro anni, finisce l'incubo per madre e figlia

Perseguitate con telefonate minacciose, lettere e spedizioni di pacchi

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Pistoia, 20 maggio 2015 - Una storia di stalking fra donne che sembra la trama di un romanzo di Stephen King,  ma che invece di essere sceneggiata per un film si è sviscerata nell’aula del tribunale di Pistoia,  dove si è conclusa con la condanna della persecutrice a quattro anni di reclusione. Due donne, madre e figlia, per quasi due anni hanno dovuto subire di tutto, dalle «semplici» telefonate anonime, alle lettere che venivano spedite loro dai detenuti per chiedere «incontri speciali» una volta che fossero usciti dal carcere. Ignari, i detenuti, che a sollecitare questi «incontri» non erano le due donne che si firmavano, ma colei che le perseguitava, animata da sentimenti rabbiosi nei loro confronti. I fatti contestati, secondo la ricostruzione dibattimentale che si è svolta  davanti al giudice monocratico Gianluca Mancuso, sarebbero iniziati circa cinque anni fa, alla fine del 2010 e si sarebbero protratti fino all’aprile del 2012.

Ed era stato un provvedimento del gip del tribunale di Pistoia a porvi fine con la misura cautelare dell’allontanamento dell’imputata, R. P., 54 anni, di Monsummano, dalle persone offese. A scatenare la stalker sarebbe stata (circostanza però non accertata chiaramente), una forma di morbosa gelosia verso l’ex marito (e padre) delle due vittime, madre e figlia appunto, di 59 anni e 30 anni, che vivono tra Montecatini e Pieve a Nievole, dove sono avvenuti i fatti. La persecuzione, secondo quanto è emerso, era iniziata nel più classico dei modi: con le telefonate anonime (tante), dal contenuto minaccioso, che l’imputata avrebbe fatto camuffando la voce. Le telefonate raggiungevano madre e figlia sia sul fisso che sui cellulari. Successivamente era proseguita attraverso un numero rilevante di lettere, scritte con il normografo, che hanno raggiunto le parti offese. Ma non soltanto loro.

Le missive infatti, con la firma artefatta,  delle due vittime, sono arrivate ai detenuti di almeno cinque carceri in Italia, i quali hanno poi contattato madre e figlia come le loro false lettere li avevano invitati a fare, per poterle incontrare una volta usciti. E ancora molte lettere hanno raggiunto parenti e amici delle due donne nonché il posto di lavoro della madre, docente. Contenevano ingiurie e minacce espresse nei confronti delle due donne.  E non è finita. Madre e figlia hanno cominciato a ricevere a casa abbonamenti a riviste hard e pacchi di ogni tipo che loro non avevano assolutamente ordinato. Pacchi di ogni genere con il mandato di ordinazione con firme false. A casa arrivava di tutto, dalle bottiglie di vino ai sex toys.  In seguito a più di dieci denunce presentate ai carabinieri di Montecatini e dopo le indagini, gli inquirenti, diretti dal sostituto procuratore Giuseppe Grieco, sono risaliti all’identità della persecutrice che è stata rinviata a giudizio per atti persecutori, sostituzione di persona e falso in scrittura privata.  Il giudice Mancuso ha condannato l’imputata a quattro anni di reclusione e a una prima parte del risarcimento del danno. Il pm aveva chiesto una pena di due anni.