Docenti precari, altri ricorsi vinti ma due prof sono in pensione e uno è morto

Riconosciuti, dal giudice del lavoro, i danni ma non l'assunzione di Martina Vacca

Alcuni insegnanti controllano le graduatorie (Foto d'archivio)

Alcuni insegnanti controllano le graduatorie (Foto d'archivio)

Pistoia, 9 ottobre 2015 - Altri nove ricorsi vinti dai precari della scuola, e altrettanti saranno discussi a febbraio, con una particolarità: di questi due gruppi ben due persone sono ormai in pensione e una è deceduta. Succede. A Pistoia, come nel resto d’Italia. Mentre, in questa fase storica, i giudici del lavoro dei tribunali del Paese si dividono davanti alla domanda fondamentale: se riconoscere o meno il diritto alla stabilizzazione dopo la reiterazione dei contratti a tempo determinato, dichiarata illegittima dalla Corte Europea con sentenza 26 novembre 2014, l’ormai nota sentenza Mascolo. A Pistoia, il giudice del lavoro Maria De Renzis ha riconosciuto agli ultimi nove ricorsisti (rappresentati dall’avvocato Marica Bruni, che segue un folto gruppo di lavoratori della scuola che si sono rivolti all’ufficio vertenze della Cgil), il risarcimento dei danni, pari a otto mensilità dell’ultimo stipendio percepito e gli scatti di anzianità cui avrebbero avuto diritto, se fossero stati assunti di ruolo, oltre ai relativi interessi maturati. Non però la stabilizzazione. La Corte di Giustizia Europea, lo ricordiamo, ha stabilito una sanzione «effettiva e dissuasiva nei confronti del Ministero dell’Istruzione, che abbia reiterato il rapporto di lavoro a tempo determinato dei suoi dipendenti per anni».

Nelle motivazioni della sentenza depositate lo scorso 29 settembre, il giudice De Renzis cita la sentenza Mascolo della Corte di Giustizia Europea, e afferma come «necessaria l’adozione di misure dirette a prevenire e contrastare l’utilizzazione abusiva di contratti a termine in successione». Ma queste misure sono individuate nella condanna al risarcimento dei danni, al riconoscimento degli scatti di anzianità e i relativi interessi maturati. Quanto alla conversione del contratto dal tempo determinato all’indeterminato, il giudice spiega che ciò non è possibile, poiché nella scuola pubblica si entra tramite concorso. «Le assunzioni nella scuola avvengono per il 50 per cento da concorso e per l’altro 50 per cento da graduatoria – spiegano Alberta Bresci e Lucia Bagnoli, rispettivamente segretaria uscente ed entrante della Flc Cgil scuola – Inoltre, il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione è l’unica misura dissuasiva per limitare un abuso in atto da anni nella scuola. Il rinnovo dei contratti a termine è ammesso solo dove si ravvisi la necessità di soddisfare esigenze di carattere provvisorio. Ma, come si sa e come si legge nella stessa sentenza del giudice del lavoro, lo Stato italiano ha fatto ricorso a contratti a tempo determinato reiterati, per coprire ‘carenze di organico e non a sopperire ad esigenze meramente transitorie’». Sulla questione del diritto alla stabilizzazione dovrà ora pronunciarsi la Corte Costituzionale Italiana. Martina Vacca