«Affetta da Alzheimer: attesa di settimane per le cure»

Parla la figlia di una donna di 85 anni

Due camici bianchi

Due camici bianchi

Pistoia, 31 marzo 2015 - E’ una donna di 85 anni, è malata di Alzheimer ma al pronto soccorso non viene curata come ha bisogno e come merita ed è costretta a sopportare dolori atroci per giorni interi. «Perchè quando si ha questo problema si rischia di diventare malati di serie B», dice la figlia raccontando la vicenda. A fine gennaio la donna ha febbri alte e ripetute e il medico di famiglia la invia al pronto soccorso. «Arriviamo in mattinata con febbre oltre 39, dopo l’accettazione attendiamo ore e ore prima che la visitino, non una indicazione né un bicchiere di acqua – racconta la figlia –. Poi il ricovero in reparto e finalmente, a sera, un antipiretico. Poco a poco la febbre si abbassa, mamma ha necessità di riposare, vorrebbe girarsi su un fianco, stringere le braccia al petto, dormire, ma ha la flebo. E’ soluzione fisiologica per idratarla, essenzialmente acqua, quella che non le è stata data durante il giorno quando aveva la febbre alta».

Le infermiere avrebbero chiesto la presenza della figlia per tutta la notte, avendo altri 45 pazienti da accudire. Dopo una settimana, l’anziana è di nuovo a casa, dove continua la terapia finchè, a un certo punto, accusa dolori laceranti alla colonna vertebrale. Il medico di famiglia, dopo alcuni giorni di cura specifica, prescrive una radiografia urgente, effettuata subito in ospedale. Il dolore è però così forte che dietro indicazione medica che l’anziana deve essere portata al pronto soccorso per ulteriori indagini. Dopo altre quattro ore di attesa, nuovi problemi con le infermiere. Con passare dei giorni la salute peggiora e il medico di famiglia ritiene indispensabili ulteriori accertamenti e una Tac. Ne consegue un ricovero ospedaliero «con cui – dice la figlia – finalmente mia mamma viene debitamente e correttamente curata. Se quell’esame glielo avessero fatto quando eravamo al pronto soccorso – nota – avremmo evitato tanto inutile dolore fisico e morale, inutili costi e forse potevamo avere una qualità di vita migliore. Quanto alla Usl non ha risparmiato niente. Ma che volete: il paziente con l’Alzheimer è un paziente speciale, un paziente fragile, con il quale è difficile interagire, uno di quelli con cui occorre un po’ più di pazienza, tempo, intuito, amore, dedizione, intelligenza e coscienza. Ma queste cose – conclude la donna – sembrano essere merce rara e allora si diventa malati di serie B, e poi, poi le conseguenze le paghiamo care, molto care».