Quelle casse acustiche da sogno. L’invenzione di «archimede» Gelli

Diffusori circolari ad alta fedeltà: innovazione «made in Ramini»

Giacomo Maurizio Gelli con le sue casse

Giacomo Maurizio Gelli con le sue casse

Pistoia, 26 agosto 2015 - CONSUMANO l’energia di un riflettore da 500 watt e riescono a pompare fuori quasi 100 decibel: il volume di un treno in corsa a 150 chilometri all’ora. Solo una di loro sarebbe capace di irradiare, per una superficie grande la metà di un campo da football, il più delicato dei notturni di Chopin suonato dall’orchestra di Filadelfia. In altissima fedeltà e senza perdere nemmeno la vibrazione di un’ocarina. Sono le casse «omnidirezionali», l’ultimo gioiellino inventato, brevettato e costruito pezzo su pezzo in lega d’alluminio da Maurizio Gelli, «archimede» pistoiese di 54 anni che da sedici lavora giorno e notte nel suo regno: un capannone-astronave di 700 metri quadrati atterrato nel 1991 in via di Ramini.

DENTRO sono custoditi decine di prototipi come i diffusori acustici ai quali ha iniziato a lavorare, per passione, da gennaio. Non semplici casse frontali: maxi «funghi» circolari, alti due metri che espandono il suono tridimensionalmente in ogni angolo dell’ambiente grazie a un sistema di coni riflettenti che lo irradia a 360 gradi. Solo una di loro, piazzata al centro, sarebbe capace di sonorizzare tutta piazza del Duomo. «Ma la vera novità – spiega Maurizio – è la fedeltà e qualità del suono». Il risultato è un effetto surround da cinema che ha iniziato a stregare anche il popolo del blues di Pistoia. Negli ultimi mesi a fare la fila davanti al capannone per testare le casse LadySound, questo il nome, si sono passati il testimone Dario Lombardo, che nel suo pedigree vanta collaborazioni con mostri sacri delle sei corde come Phil Guy e Dave Myers. Ma anche Nick Beccattini ed Enrico Cecconi. 

LUI la prende con calma, resta con i piedi per terra e la testa immersa nella decine di progetti aperti ai quali lavora contemporaneamente, piegando e modellando l’acciaio come fosse carta. Unica compagnia quella di Poldo, il meticcio che da 9 anni scodinzola fra enormi macchine piegatrici da 250 tonnellate e la galleria del vento che l’uomo ha progettato e costruito nel suo hangar per studiare l’effetto dell’aria sulle sue invenzioni. Anche perché quel vortice nero in cui è scivolato lentamente dal 2008 prova ogni giorno a risucchiarlo. «Negli ultimi – racconta – sarebbe dovuta entrare una commessa milionaria che però è andata in fumo». Il progetto: uno stabilizzatore per yacht ma il cantiere navale è fallito. «Quei soldi mi avrebbero aiutato e ripagato di anni di lavoro – confessa – mentre tre anni fa mi sono ritrovato con uno scoperto di 75mila euro ma nessuna banca mi ha potuto aiutare». E con il fido in banca polverizzato e i dipendenti che se ne vanno, l’uomo oggi è rimasto titolare e unico dipendente tuttofare della Metalgelli l’azienda che ha aperto 16 anni fa, partendo da zero. La crisi non lo ha spezzato né piegato (dentro). 

«DA ANNI – racconta – non so cosa siano le ferie o una domenica. Questo è quello che so fare: costruire, non mi sento un inventore ma un operaio». L’amore per l’acciaio è nato quando aveva i calzoni corti. «La mia famiglia è di origini modeste – dice – a 7 anni ho ricevuto il primo saldatore a stagno e un microscopio: da lì non mi sono più fermato». 

SONO TANTE le invenzioni della Metalgelli: dall’idrovora «portatile» che aspira 12mila litri al minuto e può stare immersa nell’acqua perché il motore è dentro al filtro alla torre-faro telescopica alta 6 metri per ricerche di persone a largo raggio ma anche una bici per disabili. Il segreto: il meccanismo che permette alla side-bike di piegare in curva. «Un’invenzione deve essere prima di tutto utile per gli altri – aggiunge – e aiutare i più deboli». L’altro chiodo fisso, quello per il suono: riuscire a diffondere musica classica in altissima qualità. La risposta Maurizio, sognatore puro, se l’è costruita con le sue mani.