Mostra di Marini al Guggenheim: un omaggio dovuto

Il direttore del museo di Venezia, Philip Rylands: "L'Angelo della città di Marini è stata una delle prime opere acquistate da Peggy in Italia"

Philip Rylands

Philip Rylands

Pistoia, 1 maggio 2016 - A braccia aperte e volto proteso al cielo, il cavaliere nudo fa capolino sul Canal Grande, a segnare per tutti il cortile di Palazzo Venier dei Leoni, dove sorge uno dei più importanti musei dell’arte del XX secolo. Sì, perché forse non tutti sanno che per la vetrina della sua residenza veneziana, Peggy Guggenheim scelse proprio l’Angelo della città del maestro pistoiese Marino Marini. E ancora oggi l’opera è lì, all’ingresso del Guggenheim italiano, e fa da apripista a capolavori firmati da Dalì, Magritte, Picasso, Mirò e tanti altri.

 

Un orgoglio per tutta la città di Pistoia, che ora si prepara a rilanciare la fama del suo maestro, con una mostra che, a settembre del 2017 a Palazzo Fabroni, raccoglierà 120 opere, tra quelle di Marini e quelle di artisti suoi amici e ispiratori, per poi passare a Venezia.

 

Ne parliamo con Philip Rylands, direttore del museo Guggenheim di Venezia e membro del cda della Fondazione Marini. Come è nata l’idea di questa mostra? «E’ stato il curatore e critico Flavio Fergonzi a sottopormi il progetto tempo fa – spiega Rylands – e, mentre studiavamo modi e tempi di realizzazione, è arrivato il riconoscimento di Pistoia come capitale della cultura 2017: questo ha, come dire, precipitato la voglia di coinvolgere gli amici pistoiesi». Strutturare un’esposizione in due tappe non è un’impresa da poco. «Infatti non lo è. Ma io sono anche nel cda della Fondazione Marini e mi sono subito offerto di ospitare la mostra nel Guggenheim (dove arriverà a gennaio del 2018, ndr).

 

Come è nata l’amicizia tra Peggy Guggenheim, che ad oggi resta una dei più grandi collezionisti d’arte del XX secolo, e il maestro Marini? «Peggy comprò Palazzo Venier dei Leoni nel luglio del 1949, appena tornata in Italia, e a settembre di quello stesso anno organizzò la prima mostra di scultura all’interno del suo giardino. Per l’occasione, raccolse opere di artisti come Alberto Viani, Salvatore e appunto il maestro Marini Marini, che portò l’Angelo della città, un’opera che è rimasta ancora oggi nel cortile del Palazzo che si affaccia sul Canal Grande. L’Angelo della città è stata una delle prime opere che Peggy Guggenheim comprò appena arrivata in Italia».

Peggy Guggenheim ha vissuto una vita intera a contatto con i maggiori artisti del ’900, mecenate delle avanguardie, ed era solita ospitare il maestro Marini nella sua dimora veneziana. «Sì, Peggy ha sempre sostenuto gli artisti. La sua era un’amicizia che si fondava sulla stima reciproca, per questo organizzava eventi e serate nella sua dimora, ospitando gli autori che apprezzava».

 

È possibile ipotizzare di esportare la mostra su Marini anche nel museo Guggenheim di New York? «Direi che, purtroppo, questa ipotesi appare remota. Per un fatto semplice. Il Guggenheim di New York ospita capolavori da tutto il mondo, e l’Italia ha già giocato la sua carta: infatti, si è appena chiusa (da ottobre 2015 a gennaio 2016, ndr) una mostra per il centenario della nascita di Alberto Burri».

 

Una curiosità. Ovunque si legge del «gran rifiuto» del Comune di Venezia alla volontà di Peggy Guggenheim di donare all’ente la sua collezione. È una storia vera? «Anche questa è una leggenda. La verità è che ci fu un’opposizione da parte del Ministero della Finanza, con la conseguente delusione del Comune di Venezia. Ma Peggy è riuscita a realizzare il suo sogno: l’intera collezione è stata donata infatti alla Fondazione Solomon Guggenheim, lo zio di Peggy, ma con la condizione che non fosse mai portata via dalla ‘sua’ Venezia».