Mercoledì 24 Aprile 2024

Mirto, Francesca e i segreti dei lupi: "Nessun attacco all’uomo dal 1878"

I due esperti e la disinformazione: "Il pericolo maggiore sono gli incroci con i cani"

Mirto Campi e Francesca Ciuti da anni si occupano dello studio dei lupi

Mirto Campi e Francesca Ciuti da anni si occupano dello studio dei lupi

Pistoia, 24 novembre 2014 - DEI BOSCHI è il signore assoluto. Amato, odiato, rispettato, temuto… E’ forse l’animale meno avvistato ma più chiacchierato dalla gente di montagna e dagli escursionisti: il lupo. Sono tornati sui nostri monti, eredi di quei primi esemplari che non accettando di restare sottomessi a un capobranco hanno deciso di «entrare in dispersione», di andarsene in solitaria ripartendo dalle terre dell’Appennino centro-meridionale dove negli anni ’70 erano sopravvissuti un centinaio di esemplari per poi, storia più recente, risalire la penisola. Ha il coraggio dei soli, il lupo. Siamo andati a trovare due esperti che riempiono le loro giornate a seguire la vita e le abitudini dei lupi cercando poi di fare opera di educazione e conoscenza di questi animali, soprattutto nelle scuole.

FRANCESCA CIUTI, pistoiese laureata in Scienze forestali e residente a Corbezzi, è la responsabile, assieme a Claudia Capponi, del Progetto lupo in provincia di Pistoia e componente della cooperativa Castanea che da anni si occupa di tematica legate alla fauna e alla flora. Mirto Campi, montanaro doc, sindaco di Fiumalbo e scrittore di montagna, è guardia di polizia provinciale di Modena e ha trascorso anni della propria esistenza a monitorare la vita dei lupi. Ha dato loro nomi di uomini e parlandone come se si trattasse di un fratello maggiore riesce nella difficile impresa di umanizzarli, che poi è il modo migliore per farceli conoscere.

E’ LUI A PARLARCI di Ligabue, esemplare maschio che è stato capace di percorrere cinquanta chilometri al giorno pur di trovare cibo e una vita sociale che il lupo ricerca come condizione naturale di vita. E che, spesso, anche trova. Non con i lupi, però. Talvolta le compagnie e i relativi accoppiamenti sono rappresentate da cani randagi o vaganti. «E’ il fenomeno dell’ibridazione, un vero problema – afferma Mirto – perché molti degli attacchi che si registrano ad animali da pascolo non provengono da lupi puri ma da esemplari che si sono imbastarditi con cani randagi. Il lupo teme l’uomo, non altrettanto accade per il cane e questa confidenza lo porta a rischiare di più, a fare aggressioni che non sempre sono attribuibili ai lupi. Il problema vero è l’ibridazione e sarebbe ora di prendere decisioni importanti, drastiche come la sterilizzazione di cani randagi o la loro soppressione, perché di questi attacchi, nel modenese, se ne contano davvero tanti».

«IL PROBLEMA degli attacchi ad animali da pascolo esiste anche nel pistoiese» dice Francesca che, proseguendo, afferma «quanto l’ attuale legislazione del fenomeno sia oggetto di studio da parte della Regione Toscana, legislazione che, a oggi, cerca di tutelare il pastore riconoscendogli il danno subito dalle aggressioni più che a livello preventivo. Che poi è tutelato per modo di dire se poi gli viene riconosciuto un danno inferiore al valore stimato della bestia uccisa e si deve anche accollare le spese di smaltimento della carcassa». Eppure, dovremo abituarci alla presenza del lupo come lui ha fatto con noi: «Ogni giorno – dice Mirto – un escursionista passa accanto a un lupo. Lui, l’animale, sente l’odore dell’uomo, lo vede, lo segue con lo sguardo. E niente più. E’ la saggezza comportamentale del lupo, consapevole che nei confronti dell’uomo è lui la preda e quasi mai il predatore, visto che l’ultimo attacco documentato sui nostri appennini di un lupo a un uomo risale al 1878».

«C’È DAVVERO troppa disinformazione e pregiudizio – continua Francesca –. Certo, può capitare di fare incontri: la residenza nei boschi ce l’ha lui. E in tal caso, basta restare fermi, reggere allo sguardo del lupo, che poi se ne andrà. Mai e poi mai avvicinarsi se ha cuccioli oppure sta mangiando». Il 2014 si chiude con tutta una serie di rilievi compiuti da fototrappole, analisi su campioni di «fatte»( le feci del lupo), registrazioni di radiocollari e di ululati evocati da richiami. Sono uomini e donne come Mirto e Francesca a condurci nel reale mondo del lupo, così diverso da quei falsi miti e paure che questo animale evoca. La scommessa è la convivenza, non la lotta. Federico Pagliai