Imu per gli impianti a fune. «Rischiamo di chiudere tutti»

Sentenza della Cassazione, sconcerto degli addetti ai lavori

Ovovia (Foto Castellani)

Ovovia (Foto Castellani)

Pistoia, 25 marzo 2015 - LA SENTENZA 4551 della Corte di Cassazione del 5 marzo 2015 non lascia scampo: funivie, seggiovie e skilift dovranno pagare l’Imu. Secondo i giudici, infatti, gli impianti di risalita «funzionale alle piste sciistiche» non possono essere classificati come «mezzi pubblici di trasporto», dato il loro servizio esclusivamente commerciale. Questa sentenza stabilisce inoltre che, nel calcolo della rendita catastale i beni immobili coinvolgono non solo il suolo e i fabbricati ma anche tutte le strutture fisse che «concorrono al pregio e all’utilizzo degli immobili stessi». E all’Abetone scoppia il panico: da una prima stima si tratterebbe di un esborso complessivo di quasi un milione di euro, con cifre che potrebbero oscillare dai 30 agli 80mila euro a impianto. «Una follia – commenta Andrea Formento, nelle duplici vesti di presidente di Federfuni Italia e di direttore degli impianti della Val di Luce – faremo ricorso immediato alla Corte di Cassazione in sezioni unite. Si tratta di una sentenza molto forte che ha bisogno di una risposta altrettanto forte. Ne va della sopravvivenza stessa del settore. Per quanto ci riguarda siamo nettamente in disaccordo con la stessa interpretazione data dalla Cassazione, che vede gli impianti come una sorta di ‘giochino’ a servizio delle piste da sci, senza considerare che queste sono un bene comune a tutte le varie componenti delle stazioni sciistiche. Credo sia necessario rispondere immediatamente, anche con azioni eclatanti, come uno sciopero del settore. In queste ore sto avendo contatti con Anef proprio per trovare una risposta comune. Per far fronte a questo esborso, altrimenti, esistono due sole strade: aumentare i prezzi degli skipass, cosa evidentemente impraticabile, o chiudere».

«SE CI DOVESSERO davvero far pagare l’Imu – gli fa eco Rolando Galli, presidente della Società Abetone Funivie – ho la ragionevole certezza che all’Abetone non resterebbe aperto un solo impianto. E’ assurdo far pagare l’Imu in base al suolo occupato, paragonare una cabinovia a un capannone. E’ una stortura talmente evidente che mi auguro chi di dovere si metterà all’opera per raddrizzarla». «Certo, al Comune entrerebbe qualche soldo in più – precisa il primo cittadino Giampiero Danti – ma è una ben magra consolazione se questa decisione della Corte costringesse tutti i nostri impiantisti a chiudere. So che le nostre società sono pronte ad azioni molto forti per dire no a questa sentenza. Quel che è certo è che il nostro territorio non può permettersi di perdere l’apporto del turismo invernale, che dipende in massima parte dagli impianti di risalita».