Dialoghi sull'uomo: la lotta di Thuram contro il razzismo / I TWEET

L'ex giocatore - campione del mondo con la Francia - ha tenuto un incontro con la stampa questa mattina. "Il razzismo ormai non si cancella ma in Italia le cose stanno cambiando" / L'APERTURA DEL FESTIVAL, FOTO / I DIALOGHI FANNO BENE ANCHE AL COMMERCIO / I "DIALOGHI" SI INTERROGANO SU "ABITARE IL MONDO": AL VIA IL GRANDE FESTIVAL DELL'ANTROPOLOGIA / SCARICA IL PROGRAMMA IN PDF / I VOLONTARI DI QUESTA EDIZIONE: LE FOTO

Lilian Thuram a Pistoia (Acerboni/Foto Castellani)

Lilian Thuram a Pistoia (Acerboni/Foto Castellani)

Pistoia, 22 maggio 2015 - Un combattente. In campo (tra i più corretti che si ricordino) dove lottava per vincere e fuori, nella società, in cui lotta contro il razzismo, un avversario invisibile, che non indossa scarpette e calzoncini ma che è difficile da sconfiggere. Stiamo parlando di Lilian Thuram che questa mattina è intervenuto nella giornata di apertura dei «Dialoghi sull'uomo». L'ex calciatore di Parma, Juventus e Barcellona, campione del mondo con la Francia nel 1998, ambasciatore Unicef, dopo il ritiro dal mondo del calcio ha creato la «Fondation Lilian Thuram, éducation contre le racisme» che combatte discriminazioni e diseguaglianze con l'obiettivo di educare le nuove generazioni a una società multietnica e basata sulla coabitazione (ha anche scritto due libri dal titolo «Per l'uguaglianza. Come cambiare i nostri immaginari» e «Le mie stelle nere da Lucy a Barack Obama»). «La storia del razzismo è molto lunga e le cose ormai non possono essere cancellate – ha detto -. Bisogna parlare e discutere, mai giudicare dal colore, dalla sessualità o dalla religione. In Italia la strada intrapresa mi sembra quella giusta perché tanta gente rifiuta la discriminazione. Oggi non ci sono più leggi razziste ma fino a poco tempo fa c'erano, il pregiudizio invece esiste ancora. Occorre accompagnare ogni discorso con un'educazione precisa e intelligente».

Rispetto a qualche anno fa comunque la società è cambiata in fatto di coabitazione. «I bambini di oggi hanno meno pregiudizi perché tutto il mondo cambia – continua -. A Ivrea ho chiesto a un bambino di che colore eravamo io e lui: ha detto che io ero marrone e lui rosa. Non ha detto bianco o nero. Dire «di colore» è stata un'invenzione dei tempi della schiavitù. Il razzismo nello sport? C'era nel '96 quando arrivai in Italia e c'è oggi. Chi deve preoccuparsene non fa le cose seriamente per cancellarlo e per allontanare certe persone. Bisogna uscire dall'ipocrisia e da chi non vuole vedere il razzismo. I giocatori dovrebbero uscire dal campo o andare dai tifosi e fargli capire di smettere, lo stesso le varie società».

Thuram ha parlato anche della sua esperienza personale, di bambino della Guadalupa che a 9 anni si è trovato a Parigi. «C'era un cartone – racconta – con una mucca nera stupida e una mucca bianca intelligente. A scuola mi chiamavano come la mucca stupida. Ma la mia vita non è stata difficile, lo erano gli sguardi degli altri. La visione in base al colore è dovuta alla storia, alla schiavitù. In Guadalupa eravamo tutti uguali ma c'era bisogno di creare delle divisioni, di far andare avanti alcuni. Ed è questo il razzismo: squalificare certe persone per favorirne altre, come succede anche con le donne. Quando chi ha potere non ha risposte allora crea un «noi e loro» perché dividendo puoi portare la gente a pensare in una certa maniera, anche se non è reale. L'immigrazione? Porta a discorsi negativi ma non si sente mai parlare chi è felice di venire qua, pur rischiando la vita durante il viaggio. Sono persone che cercano lavoro per mantenere le famiglie a distanza ma c'è chi parla per loro. Succedeva lo stesso nella banlieu di Parigi dove abitavo: parlavano di noi senza ascoltare la nostra voce».