"Scambi culturali per bambini fra nativi americani e montagna pistoiese"

Il leader del movimento di Standing Rock, Chase Iron Eyes, e l'ambientalista Leo Yankton a San Marcello per il seminario sulla cultura e la spiritualità Lakota e Cheyenne

Da sinistra, Leo Yankton, Chase Iron Eyes e Jessica Venturi. In piedi Patrick Allori

Da sinistra, Leo Yankton, Chase Iron Eyes e Jessica Venturi. In piedi Patrick Allori

San Marcello (Pistoia), 25 giugno 2017 – Si è fatto ancora più forte il legame fra i nativi americani e la montagna pistoiese. Da giovedì scorso a oggi, domenica 25 giugno, una delegazione di indiani d’America è tornata sui monti di Pistoia per tenere, all’agriturismo Montaglioni di Spignana, il primo seminario sulle tradizioni e la spiritualità Lakota e Cheyenne organizzato dalla neonata Greasy grass camp Italy onlus. L'associazione è presieduta da Jessica Venturi che, assieme ad Alessandro Martire di Wambli Gleska, la scorsa primavera fu promotrice del rilancio del patto di amicizia fra il Comune di San Marcello Piteglio e il popolo Lakota Sioux. Il seminario rientra nel più ampio contesto del Greasy grass project, nato per aiutare i bambini Lakota e Cheyenne, cresciuti nei contesti discriminatori delle riserve, a riscoprire le proprie radici e tradizioni. Oltre al responsabile internazionale del progetto Greasy grass camp, Patrick Allori, horseman cresciuto culturalmente con gli Cheyenne del nord, sono rimasti per alcuni giorni sulla Montagna pistoiese Leo Yankton, attivista ambientalista lakota, e lo “special guest” Chase Iron Eyes, leader della rivolta di Standing Rock contro l’oleodotto voluto dal governo americano, il Dakota access pipeline. Dopo il dibattito aperto al pubblico, venerdì pomeriggio a Dynamo camp a Limestre, li abbiamo incontrati per una intervista. Chase Iron Eyes ci ha spiegato anzitutto che cosa sta succedendo nelle loro terre.

“LA REALTA' è che questo oleodotto passa sotto il nostro fiume – ha detto – è una realtà durissima, ma abbiamo ottenuto una piccola vittoria: la legge degli Stati Uniti è stata al momento sospesa perché i diritti dei nativi alla pesca, alla caccia e allo sfruttamento del proprio territorio non sono stati tenuti in considerazione. C’è dunque speranza in un arresto nella costruzione”. Con Greasy grass camp si è accesa una nuova speranza. “Questo progetto è nato da un contatto evolutivo e culturale col popolo Cheyenne del Nord, nel Montana – ha spiegato Patrick Allori – abbiamo cercato già in passato di aiutare i bambini con dei campi. Ma il movimento di Standing Rock ha creato una situazione di risveglio energetico, di volontà di battersi e culturale, specialmente nei giovani. Ho visto non solo bambini Lakota e Cheyenne motivati a battersi per veri valori, ma anche altre tribù native che si sono associate, venute persino dall’Amazzonia. E per la prima volta nella storia dei combattimenti nativi, si sono unite persone bianche, sia dall’Europa che dall’America, e da tutto il mondo. La Terra di sta separando in due sezioni: da un lato c’è chi ha dei valori di protezione ancestrali, e i popoli nativi sono il motore predominante di questa riacquisizione di valori; dall’altro le multinazionali e chi ha come obiettivo di fare dei soldi solo a corto termine. È venuta perciò l’idea di curare e preparare i bambini perché imparino a battersi per la protezione della Terra e di questi valori, veri e indistruttibili, in un modo pacifico e nella preghiera”.

DI CHE COSA ci sarebbe bisogno nella nostra società?  “Io sono un consumismo-dipendente – ha risposto Leo – e il primo passo da fare è prenderne coscienza, così posso iniziare a lavorare su me stesso per rendere la mia vita più naturale. Abbiamo bisogno di tornare a essere più naturali. La cultura consumista dipende dal mio sostegno, ma allo stesso tempo mi stanno avvelenando, con pesticidi, ormoni, ogni sorta di agente chimico che non è necessario, ma viene inserito nella produzione alimentare di massa. Se noi smettessimo di mangiare queste cose e di utilizzarle, non avrebbero altra scelta che smettere di produrle”. Che cosa ha portato Chase e Leo sulla Montagna pistoiese? “Siamo un popolo che ama la propria terra - ha spiegato Chase – e nel Gg Camp ci sono italiani che amano la loro terra. La Toscana è davvero speciale e potente. Volevamo venire qui per condividere spirito e cultura con tutta la Toscana e l’Italia”.

COME HA spiegato Jessica Venturi, figlia di Gianfranco, già presidente della Provincia e uno dei primi promotori del rapporto di amicizia coi popolo Lakota, in montagna questo movimento ha trovato un terreno molto più fertile rispetto alla città, poiché qui la gente non ha mai smesso di vivere a contatto con la natura e gli animali. “Al loro arrivo a Montaglioni – ha detto Jessica, presidente di Gg camp Italy – i nativi hanno detto che il paesaggio è davvero simile alle loro Black hills. Io lavoro da tempo sullo studio delle energie e sulla natura. Poi mi sono resa conto che questo sentimento di amore e di connessione con la natura per loro esisteva da sempre. Da questa cosa è nato un entusiasmo talmente grande che tante persone ci stanno aiutando, perché si sentono in connessione con loro. Con l’unica differenza che noi siamo molto più fortunati. Vorremo quindi condividere con loro un po’ della nostra fortuna e avere in cambio ciò che loro ci possono insegnare sul rispetto dell’ambiente e il vivere semplice. Con questo progetto, oltre alla diffusione della loro cultura, vogliamo dare un aiuto umanitario concreto, soprattutto per i bambini”.

E DOPO questo seminario? “Stiamo già pianificando le prime attività all’interno del progetto Greasy grass camp – ha annunciato Leo - : ci sono in programma dei campi per bambini, ma anche delle forme di scambio famiglia, per dare anche la possibilità di spostarsi a ragazzi nativi che non si sono mai mossi. Ci sono dei progetti di attivazione sulle competenze di lavoro col cavallo per i giovani e non sarà solo per i bambini nativi, ma anche per i ragazzi in Italia. E speriamo di poterlo espandere anche altrove”. Con quali vantaggi? “Intanto ci aiuterà a vederci gli uni gli altri come la stessa cosa – ha specificato Chase – come membri della famiglia umana, come esseri umani che bevono la stessa acqua e che si affidano agli stessi ecosistemi”. “Il movimento di resistenza a Standing Rock contro l’oleodotto – ha aggiunto Leo – è stato iniziato da un gruppo di teenager. Noi pensiamo che la costruzione di questi ponti culturali ci aiuterà a permettere loro di diventare più naturali e di continuare a credere che è possibile fare sforzi per cambiare il mondo”.

A STANDING ROCK, intanto, la battaglia continua. “Stiamo ancora lavorando per fare pressione contro il potere finanziario – ha spiegato ancora l’ambientalista – che sostiene e finanzia le compagnie che costruiscono l’oleodotto. Noi vorremmo che ci fossero dei disinvestimenti, perché siamo noi i loro clienti. Stiamo proteggendo e sostenendo i Water protectors che sono stati accusati di aver fatto terrorismo ecologico. Ciò che ci dà energia è la speranza: questa ci mantiene forti anche nel sostenere una persona come Chase, che è stato ingiustamente accusato, e adesso è sotto processo, col rischio di pagare pesantemente per le posizioni che ha preso”. “Sto rischiando di passare cinque anni in carcere – ha confermato Chase – mi stanno accusando di avere incitato delle rivolte, mentre noi abbiamo preso posizione in pace e con dignità per proteggere dei diritti internazionali dei nostri trattati. E per proteggere i diritti dei nostri bambini, diritti umani e di nascita dei nostri figli ad avere acqua pulite. La stessa cosa che chiunque in Toscana o in Italia farebbe per i propri figli”.