Palpeggiò la studentessa minorenne. Professore condannato, non potrà più insegnare

Condanna molto più severa di quanto chiesto dal pm

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Pistoia, 29 marzo 2017 - Condannato a sei anni di reclusione, per il reato di violenza sessuale (articoli 609 bis e ter del codice di procedura penale) nei confronti di una sua alunna, all’epoca dei fatti minorenne, che avrebbe costretto "a subire atti di natura sessuale". La sentenza nei confronti di M. Z., 58 anni, ex professore di un istituto superiore di Pistoia, è stata letta ieri sera dal giudice Luca Gaspari, presidente del collegio (a latere Patrizia Martucci, Daniela Bizzarri), dopo una lunga requisitoria del pubblico ministero Giuseppe Grieco e le arringhe dei difensori, gli avvocati Leonardo Zilletti e Giada Maggini, legali del professore, e quella dell’avvocato di parte civile Elisabetta Vinattieri.

Una condanna severa, che ha superato le stesse richieste del pubblico ministero (a due anni), a cui si è aggiunta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sospensione da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado (oltre al pagamento delle spese legali e al versamento di una provvisionale di seimila euro, mentre il risarcimento sarà da stabilire in sede civile).

Secondo l’accusa, il professore avrebbe rivolto alla studentessa, all’epoca dei fatti minorenne, attenzioni continue di cui sarebbero stati testimoni gli stessi compagni di classe della ragazza. Come nell’episodio più eclatante, quello di un presunto palpeggiamento che sarebbe avvenuto durante un compito in classe. Le molestie sarebbero poi continuate anche in rete, tramite messaggi inviati su Facebook, dal contenuto esplicito (in uno il professore avrebbe chiesto alla ragazza di avere un rapporto sessuale con lui, ndr), finché la madre della ragazzina non ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri, mentre una seconda denuncia sarebbe partita dal preside della scuola.

Proprio sulla lettura di quelle chat si è concentrata, ieri in aula, la lunga arringa dell’avvocato difensore Zilletti, che ha posto l’attenzione sul fatto che quei messaggi sono da considerarsi come la prova di un interesse del professore per la sua studentessa, interesse meritevole di condanna dal punto di vista deontologico, ma non rilevante penalmente. Gli stessi, sempre secondo la difesa, sarebbero stati la prova di una consuetudine e confidenzialità alle quali la studentessa non si sarebbe sottratta.

Una linea difensiva questa inaccettabile, secondo il pubblico ministero Giuseppe Grieco, che ha invece posto l’attenzione sullo stato di prostrazione che un atto sessuale (in questo caso il palpeggiamento) e l’interesse continuo dimostrato dal docente avevano provocato nella ragazza, proprio in quanto minorenne, incapace cioè di attingere a quegli strumenti di auto-difesa su cui una donna adulta può, più presumibilmente, contare.

Martina Vacca