Una malattia autoimmune e ora il cancro. "In attesa dell'assegno di invalidità"

La storia di Vincenza Mauro, il calvario e la speranza. "Un assegno di 270 euro non cambia la vita. Ma a chi ha a che fare con pazienti come me dico: 'Siate umani'"

Ospedale

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Pistoia, 20 ottobre 2017 - Il marito chiede: «Che cosa vuoi quest’anno per Natale?». E lei risponde: «Un altro bambino». Di regali come questo Vincenza Mauro, 57 anni, ne ha già avuti due, che vivono in Africa, ma è pronta a «prenderne» altri, se la sua salute glielo concederà. Aiutare è terapeutico, per lei.

Le serve a guarire almeno le ferite che la malattia le ha lasciato dentro. La scoperta risale a dieci anni fa, quando una specialista, reumatologa, ha dato finalmente un nome e una spiegazione (anche se non una cura) alla patologia che la affliggeva da sempre: «sindrome da anticorpi antifosfolipidi con incremento di linfociti nel midollo». «Un nome lungo e complicato per dire che sono senza difese, preda di qualsiasi virus, che in me scatena reazioni triplicate rispetto a chiunque altro», spiega Vincenza. «I miei anticorpi non lo riconoscono e attaccano il mio corpo».

Due aborti al sesto mese, e un bambino che ha vissuto solo pochi minuti, nell’ambulanza dove lei, da sola, lo ha partorito. «Allora non sapevo che cosa mi stesse accadendo, e ho semplicemente rinunciato. Poi, nel 2007, la visita che mi ha svelato la verità: ‘lei signora ha avuto aborti? Perché potrebbe avere una malattia autoimmune’».

Nel frattempo, quella malattia aveva iniziato a dare sintomi dolorosi. «Io cucivo salotti per un’azienda di Quarrata», racconta Vincenza. «Poi ho dovuto smettere, per il dolore alle braccia. Quasi non me le sentivo più. Ho cambiato mille mestieri, ho lavorato come assistente domiciliare, fino a che la malattia non è tornata. Questa volta un carcinoma all’apparato genitale, per il quale sono stata operata ad agosto».

Pochi giorni fa, la visita presso la commissione Asl , per avere il successivo riconoscimento dall’Inps di un assegno di invalidità. «Ma i miei punti, conseguenti alla valutazione della patologia e del reddito, per ora – commenta Vincenza Mauro – non sono ancora sufficienti a farmi avere diritto ad un piccolo contributo, circa 270 euro mensili, che mi darebbe almeno la dignità di poter contribuire alle spese mediche, finora sostenute grazie all’aiuto di mio marito. Sono ferma a 67 punti, mentre ce ne vorrebbero 74».

«Difficile sentirsi dire di ‘no’, dopo tutte le prove a cui la vita ci ha messo di fronte – spiega Vincenza –. Ma una cosa la chiedo, chiedo rispetto e un atteggiamento amorevole per quanti si trovano nelle mie condizioni. A tutto il personale che ogni giorno riceve malati oncologici o gravi, io dico solo questo: siate umani, non dimenticate di mettervi nei panni di chi avete davanti. Perché siamo tutti superstiti di un viaggio che non sappiamo dove ci porterà».