I giovani pistoiesi? Social, ma sognano famiglia e lavoro

La ricerca presentata al Bolognini: "Hanno un gramde bisogno di ascolto e scarsa fiducia nel mondo degli adulti"

I ragazzi

I ragazzi

Pistoia, 16 ottobre 2017 - «Raccontaci di te e dell’età che stai vivendo». Comincia dalla risposta (libera, facoltativa e anonima) a questa domanda aperta la ricerca su un campione di 1056 adolescenti dai 14 ai 19 anni di 9 istituti superiori di Pistoia dell’associazione Studiamente, gruppo di professionisti che indaga le tematiche dell’età evolutiva.

Le risposte analizzate tramite un software hanno fatto emergere «l’identikit» dell’adolescente pistoiese di oggi e Filippo Corsini, psicologo-psicoterapeuta coordinatore del progetto di ricerca, presentato sabato mattina al teatro Bolognini, è la persona giusta per analizzarlo.

Corsini, alla luce dei risultati, chi sono gli adolescenti pistoiesi di oggi? Cosa pensano?

«Sono sicuramente persone con una grande voglia di mettersi in gioco, di raccontarsi, visto il sorprendente 95% di risposte ricevute dal campione». Le parole chiave per descriverli? «Social e futuro. Con i social media hanno uno stretto rapporto, li usano come mezzo per la costruzione della propria identità, ma si pongono anche in maniera riflessiva e ragionata. Al futuro, invece, alcuni si approcciano con sana preoccupazione e altri in maniera... sognante. Sono emersi anche un grande bisogno di ascolto e una scarsa fiducia verso il mondo degli adulti, che spesso non rappresentano più dei modelli da seguire».

Quali sono le paure più grandi e i sogni più ricorrenti dei nostri giovani?

«Per quanto riguarda le paure, molti temono la solitudine, di rimanere soli, hanno paura del rifiuto sociale e da parte del mondo dei loro pari. I nostri ragazzi puntano il dito contro i disvalori, come il razzismo, la violenza, l’ignoranza e i pregiudizi. Invece per quanto riguarda i sogni, c’è un forte desiderio di sicurezza: famiglia, lavoro, amici e salute. Sono queste le parole chiave del loro futuro».

Lo scopo della vostra ricerca è anche quello di aprire una comunicazione e un confronto con le istituzioni e gli adulti sul mondo dell’adolescenza?

«Principalmente far capire cosa chiedono i più giovani, fornire una fotografia attuale, che sicuramente cambierà se ripetuta tra qualche anno. Ma soprattutto aprire una strada per una cultura della partecipazione, per rendere protagonisti i nostri ragazzi anche nelle scelte di politica sociale. Dalle loro parole, si percepisce la voglia di dare il proprio contributo, di partecipare attivamente». Invece gli adulti cosa pensano dei ragazzi? «Una parte della ricerca ha riguardato gli adulti. È venuta fuori una visione stereotipata dell’adolescenza. Per la maggior parte, i giovani appaiono come superficiali e bisognosi di mettersi in mostra (40%), deresponsabilizzati e figli del benessere economico (27%), cyberalienati (14%), senza punti di riferimento nel mondo degli adulti (12%), fragili e viziati (7%)».