Imprese strozzate dal fisco: Pistoia tra le più tartassate

Si conta che per circa 7 mesi l'anno le nostre aziende lavorano per pagare le imposte, sia quelle locali che quelle nazionali

Il lavoro in una fabbrica (ImagoE)

Il lavoro in una fabbrica (ImagoE)

Pistoia, 15 settembre 2017 - Un piccolo imprenditore, la mattina, si alza e sa che andrà a lavorare per il fisco. Gestione delle commesse, ricerca di clienti, organizzazione dei dipendenti, pratiche burocratiche (sempre di più) da sbrigare: per la maggior parte dell’anno ogni sforzo è volto a «pagare dazio». Per circa 8 mesi, le aziende di Pistoia e Prato non lavorano per se stesse ma per il fisco al quale devolvono, tra imposte nazionali e locali, una cifra esorbitante del proprio reddito totale: il 58,9% a Prato e il 59,4% a Pistoia. Soddisfatto l’erario, dunque, solo a ridosso delle ferie, cioè rispettivamente il 2 e il 4 agosto, le imprese di Prato e Pistoia possono tagliare il traguardo del «tax free day», cioè la data in cui iniziano a produrre per la propria sopravvivenza e a concentrarsi sui propri introiti e sulla propria sopravvivenza.

Ma quanto resta, dopo questa «stangata» nelle tasche degli imprenditori? Dalla simulazione effettuata ogni anno su un’impresa tipo (composta di 4 operai come addetti e 50mila euro di reddito d’impresa) presa a campione dall’osservatorio fiscale Cna in 135 Comuni italiani, a fine anno emerge che a Pistoia e Prato questa tipologia di azienda avrà versato oltre 30mila euro in imposte e resterà con un reddito di impresa pari a poco più di 20mila euro, vale a dire circa mille e 600 euro al mese. «Una cifra assolutamente insufficiente a consolidare le attività e – si denuncia dall’associazione – a investire per modernizzarsi e crescere».

Con molti picchi e poche eccezioni, a livello nazionale l’aliquota fiscale totale (la somma di quella nazionale, regionale e comunale) nel 2017 arriverà mediamente al 61,2%. Nella classifica della imposizione fiscale sui «piccoli», nelle 135 città messe sotto la lente da Cna, dopo Reggio Calabria (73,4%) e Bologna (72,1%), al terzo posto insieme a Roma c’è Firenze con una pressione fiscale del 69,3%. La tassazione più bassa fra i capoluoghi di provincia in Toscana si registra invece ad Arezzo (55,9%). In Toscana, Grosseto è al 65,1%, Livorno al 61,6%, Pisa 61,2%, Siena 60,7%, Lucca (come Pistoia) al 59,4%, Prato 58,9%, Carrara 58,1%, Massa 57,8%.

Alla fine nel 2017 quanto resterà allora alle imprese? Per rispondere, in questo caso, i calcoli sono stati fatti su un’azienda tipo: una ditta individuale manifatturiera con un laboratorio di 350 metri quadri, oppure un negozio di 175 metri quadri, 5 dipendenti, un fatturato di 430mila euro l’anno. Ebbene, tolti i costi, il reddito d’impresa prima delle imposte deducibili è di 50mila euro l’anno. A conti fatti il risultato fa cadere le braccia. Dopo aver pagato tutte le tasse i 50mila euro nel 2017 diventano: ad Arezzo 22.050, a Massa 21.100 a Carrara 20.950, a Prato 20.550, a Lucca e Pistoia 20.300, a Siena 19.650, a Pisa 19.400, a Livorno 19.200, a Grosseto 17.450, a Firenze 15.350.