Pistoia, 15 aprile 2014 - Per un territorio che ci guadagna ce n'è uno che perde. Il motivo è lo stesso: una burocrazia che non ascolta, un Comune che, evidentemente, non pensa alle conseguenze delle proprie decisioni. O meglio del proprio non decidere. Il coperchio dalla pentola della pazienza è saltato qualche mese fa, insieme all’ennesima rottura delle gomme di un camion in manovra. Gli spazi sono troppo stretti e inadeguati alle esigenze di una realtà industriale al passo con i tempi, nel piazzale Ipac di Serravalle Pistoiese della famiglia Chiti. Che adesso, dopo anni di preghiere, non può fare altro che trasferire la produzione in territori dove il Comune «non è così cieco». A giudicare dalla storia da lungo tempo raccontata da Guido Chiti, fra i titolari di un’impresa con oltre mezzo secolo di storia negli articoli casalinghi in acciaio, l’amministrazione comunale è riuscita in un autentico capolavoro di cecità burocatrica. Di quel tipo di chiusura tutta italiana che all’impresa costerà l’affitto di altri capannoni a Montelupo Fiorentino, e a 11 dipendenti residenti nel pistoiese, un pesante — per tempi di vita e tasche — pendolarismo quotidiano.


Eppure un modo per evitare un risultato del genere sarebbe forse bastata qualche modifica delle previsioni urbanistiche. Forse sarebbe stato sufficiente perfino meno: un semplice «non si può fare» e qualche spiegazione. Sono anni che Chiti attende paziente una risposta. Prima di decidere il trasferimento della produzione a Montelupo mantenendo a Serravalle gli uffici amministrivi e poco più della metà dei dipendenti, l’imprenditore ha giocato ogni carta possibile. Un’intervista al nostro giornale del gennaio 2012 lo testimonia: «Sei mesi per il via libera al mio progetto o sarò costretto ad andarmene», era stato il monito del giovane imprenditore, fra gli esponenti di punta della sezione pistoiese Confindustria. Aveva spiegato di non aver bisogno di ampliamenti rilevanti, casomai di adeguamenti della struttura per realizzare un «distretto della cucina», «perchè con Cina o Vietnam non si compete con i prezzi ma con qualità e ingegno». Ci sarebbero anche state prospettive per nuovi posti di lavoro. Dopo «l’avvertimento» sono seguite altre presentazioni di pratiche finchè, pochi giorni fa, il titolare Ipac, ha comunicato a maestranze e sindacati l’imminente trasferimento di magazzino, assemblaggio e produzione.


Guido Chiti aveva necessità di apportare alcune modifiche ai capannoni che si estendono su un’area di 6 mila e 500 metri quadrati, e ha perorato la sua causa in Comune con tutti i mezzi a disposizione. «Non mi hanno nemmeno risposto. Manco una lettera — spiega —. Qui ci sono problemi logistici enormi, ma sembra che a questa amministrazione non interessi assolutamente niente. Ho perfino parlato con il sindaco, che malgrado anche gli articoli dei giornali è caduto dalle nuvole. Cos’altro avrei dovuto fare?».