Pistoia, 1 aprile 2014 -

di LUCIA AGATI


LONTANO, molto lontano da Pistoia, nella provincia di Belluno, vive, da qualche tempo, l’amica del cuore di Rosario Orefice, l’artigiano di 38 anni di cui non si hanno più notizie dal 30 aprile del 2010. Nel silenzio più assoluto, aspettando, giorno dopo giorno, una novità, pur piccola, che le restituisse la speranza di poterlo rivedere, Palma ha vissuto questi quattro anni nella più completa riservatezza, ma sempre seguendo, a distanza, i numerosi appelli che sono stati pubblicati sui giornali e lanciati in televisione. Tutti senza esito.
 

MA OGGI, alla luce dell’orribile rinvenimento, mercoledì sera, di resti umani sigillati e immersi nell’acido, in un bidone, nel capannone di via Pierucciani, il suo dolore è ancora più grande, e la sua angoscia incontenibile.

«Quando ho saputo del ritrovamento dei resti nel bidone, nel capannone di Casalguidi, sono rimasta senza parole. Non sappiamo ancora se è lui, se è Rosario, per avere la certezza dobbiamo attendere gli esiti degli esami degli inquirenti. Per ora posso dire soltanto che è una cosa bruttissima».
Palma parla con un filo di voce e ricorda con grande sofferenza i momenti più sereni della sua amicizia con il giovane scomparso, senza lasciare alcuna traccia, dalla fine di aprile del 2010.
 

«SIAMO cresciuti insieme — ci ha detto — ci conosciamo da quando avevamo dodici anni ed eravamo sempre insieme. Lui era socievole, solare, estroverso. Un bravissimo ragazzo. L’ultima volta, prima della sua scomparsa, ci eravamo visti nel mese di settembre. Quando mi sono trasferita a Belluno le occasioni sono diventate più rare». Ma c’era il telefono. Palma e Rosario si sentivano tutti i giorni. «Nel periodo che ha preceduto la sua scomparsa — ci ha spiegato — ci siamo raccontati le solite cose. Parlavamo di noi, di quello che facevamo. Un po’ preoccupato era. Ma io non mi sono allarmata. L’ultima volta che mi ha risposto era il 15 aprile, il giorno del suo compleanno. Io, nei giorni successivi, ho continuato a chiamarlo, ma non mi ha più risposto eppure, di solito, quando trovava le mie telefonate, non passavano più di due giorni prima che mi richiamasse».

POI, qualche tempo dopo, i primi appelli dei genitori sul giornale e l’inizio di un’odissea sulla quale, per il momento, non è possibile scrivere la parola fine.