Pistoia, 29 marzo 2014 - A TRADIRE l’assassino è stata la sigillatura del bidone che conteneva, sciolti nell’acido, i resti del corpo sezionato di un uomo adulto.

E’ il contatto con l’ossigeno, infatti, che attiva il potere corrosivo di alcuni tipi di acidi, più leggeri, come quelli che si usano di solito nelle carrozzerie. Grazie alla chiusura ermetica del contenitore, nascosto nell’intercapedine delle due canne fumarie nel capannone di Casalguidi, invece, quel corpo, pur martoriato, si è conservato abbastanza perché fosse possibile, per esempio, capire che si trattava di un uomo. Ma: da quanto tempo quei poveri resti erano nascosti nell’officina di proprietà di Luigi Orefice, nell’ex sede della Italverniciatura? E, soprattutto, appartengono davvero al fratello Rosario, scomparso il 30 aprile del 2010, all’età di 38 anni?
Di certo le risposte a questi interrogativi forniranno un tassello importante anche per l’evoluzione del processo in corso a Firenze, davanti alla Corte d’Assise, che vede Luigi Orefice, 45 anni, imputato con l’accusa di omicidio premeditato e soppressione di cadavere.

A svelare l’identità di quel corpo potrà essere, a questo punto, solo l’esame del Dna e quello autoptico, che potrà chiarire le modalità della morte. Nel bidone infatti sono stati trovati le braccia, le gambe e il busto di un uomo, comprendente la parte dei genitali, che ha reso possibile il riconoscimento del sesso. Al fondo del fusto vi sarebbe una melma nella quale potrebbero essere individuate altre parti, compreso il cranio e i denti che potrebbero essersi decomposti più velocemente. L’esame è stato disposto dal magistrato titolare delle indagini, Claudio Curreli, per la prossima settimana. La prima parte delle analisi è stata fissata per mercoledì: saranno il medico legale Alberto Albertacci e il tecnico Walter Calugi ad eseguirla. Intanto, nuovi approfonditi rilievi saranno eseguiti all’interno del capannone di Casalguidi sotto sequestro, dagli uomini della polizia Scientifica in arrivo da Roma. Le analisi sul tipo di acido contenuto nel fusto aiuteranno a datare i resti umani, in base alle tabelle tecniche che indicano i livelli della capacità corrosiva del liquido.

MA PERCHÉ, ammesso che il corpo sia davvero quello di Rosario Orefice, non è stato ritrovato prima, per esempio durante i primi sopralluoghi effettuati dai carabinieri di Casalguidi e dopo, durante le indagini della squadra Mobile di Pistoia a cui ha preso parte il reparto dei Ris di Firenze? I rilievi furono svolti, nell’officina di via Pierucci, subito dopo la denuncia della scomparsa di Rosario Orefice (era il maggio del 2010) e durarono un giorno intero. A questa indagine la squadra Mobile di Pistoia, coordinata dal vice questore aggiunto Antonio Fusco, si è dedicata anima e corpo. Intervenne anche il reparto della Forestale, che si occupò delle verifiche sui rifiuti smaltiti dall’azienda di verniciatura. E non fu trovato nulla. Ma il bidone, in cui mercoledì sono stati trovati i resti umani, era nascosto a due metri d’altezza, in una nicchia ricavata tra le due canne fumarie del forno. Non solo. Da qualche giorno evidentemente, il fusto, forse usurato dal tempo, iniziava a perdere liquidi maleodoranti. E’ stato l’elettricista che stava effettuando i lavori per il nuovo affittuario del capannone, Nello Cozzolino, a ritrovarlo, seguendo quell’odore nauseabondo.
 

Martina Vacca