Pistoia, 6 maggio 2013 - «La prima volta a Firenze mi sono fatto beccare. Lo volevo io, in un certo senso, volevo l’incontro e il confronto con l’autorità. In fondo quello che faccio è proprio questo: mettere in discussione l’ordine costituito e il principio di obbedienza». Tutt’altro che un imbrattatore e qualcosa di più di un semplice artista, Clet Abraham, 44 anni, francese, da tempo trapiantato a Firenze, interpreta le sue incursioni urbane come una missione: sovvertire il modo di pensare e di guardare il quotidiano.

Ha lasciato le sue opere in mezza Europa e a Firenze ha creato la singolare installazione in San Niccolò, facendo spuntare un naso alla torre. Sull’effetto straniante dei suoi ritocchi sui cartelli stradali, trasformati in smorfie, in sguardi di personaggi antropomorfi e perfino in un Cristo crocefisso, nessuno potrà obiettare. Ma la questione è un altra: al di là del giudizio dei cittadini, c’è la questione dell’imbrattamento del cartello stradale, che in alcuni casi è costato all’artista francese multe anche molto salate.

Forse il caso più eclatante è stato quello di Pistoia, dove la sanzione ha toccato la cifra di oltre tremila euro, 2.112,60  di multa, a cui sono stati aggiunti 800 euro di fattura per la rimozione degli adesivi (i disegni, infatti, vengono realizzati con ritagli sovrapponibili, infatti). Il blitz pistoiese su 54 cartelli stradali risale all’aprile del 2011: a dicembre la notifica della sanzione. La città si è divisa: c’erano quelli d’accordo con l’ex comandante della Polizia Municipale, Giuseppe Napolitano, e chi, al contrario ha invitato l’artista a un incontro pubblico, per parlare delle sue opere, come è accaduto nella libreria Lo Spazio di via dell’Ospizio o, per esempio, durante il «Pistoia Underground Festival», che ha ospitato una delle sue opere.
Oggi Abraham è tornato a Pistoia, in tribunale, per l’appello del processo con il Comune di Pistoia, che è stato poi rinviato.
 

«Mi sono sempre rifiutato di pagare quella multa — racconta Abraham — Mi sono rivolto al prefetto che, per tutta risposta, me l’ha aumentata a quasi 5mila euro. Non mi sono arreso e il giudice di pace me l’ha ridotta a 500 euro. Ma non si tratta di soldi: io non ritengo di dover pagare niente. Ho pagato una volta e ora credo che l’autorità sia in debito con me. Ho lasciato le mie opere in quasi tutte le capitali d’Europa e una cosa del genere non mi era mai capitata. D’altronde non c’è giudice o vigile che mi possa giudicare».

Martina Vacca