Pistoia, 11 novembre 2010 - La vita di Elena Finocchi, la psicologa di 28 anni di Santonuovo di Quarrata, che si è ritrovata ingiustamente indagata per un delitto satanico, esce a pezzi da questa vicenda, e la notizia dell’archiviazione del caso, chiesta dagli stessi magistrati inquirenti e accolta dal giudice delle indagini preliminari di Firenze, la consola, ma non troppo. Elena non potrà essere risarcita nè dalle sofferenze strettamente legate all’indagine, nè dagli atteggiamenti che gli altri hanno avuto nei suoi confronti, quando le hanno tolto parola e saluto e quando hanno cambiato strada quando la incontravano. Oggi cerca di guardare dritto verso il futuro, circondata da una famiglia solida, forte e affettuosa, che in questi due anni non le ha mai fatto mancare il suo sostegno.

 

"La mia vita — ci ha detto — ha subito conseguenze irreparabili dopo essere stata indagata in questa vicenda, per un delitto satanico. E anche se il nome sui giornali non era mai uscito, in una realtà piccola come Santonuovo, dove io e la mia famiglia abitiamo da sette anni, tutti hanno comunque capito che si trattava di me. Così, per il fatto di essere indagata, non ho potuto partecipare a concorsi pubblici".

 

"In tanti non mi rivolgevano la parola. Dalla musica rock si era passati all’omicidio. Dalla normalità all’inferno. E la gente cambiava strada quando mi incontrava. Certo, gli amici veri sono rimasti tali, ma passavano le vecchiette davanti a casa e indicavano la nostra abitazione, e si vedeva che ragionavano di me. Poi ho saputo che si diceva che tenevo i teschi in casa. Ero anche impegnata politicamente. Quando la vicenda è emersa ho saputo, poi, che ero stata automaticamente estromessa dal partito. Prima avevo una vita e poi, improvvisamente, non c’era più niente e mi sono ritrovata da sola. Dopo un anno e mezzo da quella mattina in cui ho saputo di essere indagata, ho trascorso un periodo di vacanza in Austria. Mi sono sentita, per la prima volta, libera di camminare tranquillamente per la strada e oggi penso che me ne vorrei andare dall’Italia. Perchè lo stigma di un’accusa così grave resta. Non c’è niente da fare. E anche i miei genitori hanno sofferto tanto".

 

"Adesso, dopo la laurea, rinviata di una sessione perchè nei computer che mi avevano sequestrato c’era la mia tesi, vorrei tanto lavorare. Ovviamente mi piacerebbe fare la psicologa, ma anche un altro lavoro andrebbe bene. Eppure c’è chi mi ha detto 'dopo questa vicenda tu un lavoro non lo troverai mai'. E poi, dopo questa storia, è la fiducia che io non ho più. Non ce l’ho nel nostro paese e nel nostro sistema giudiziario. E’ difficile anche dimenticare certi dettagli. Dopo l’interrogatorio in questura, a Firenze, i poliziotti mi fecero sedere per terra perchè fuori dalle finestre c’erano moltissime telecamere".

 

Accanto ad Elena ci sono la mamma Luciana, di 57 anni e il babbo Santi, 58 anni, falegname in pensione. "Abbiamo vissuto dentro una follia — è il suo commento finale dopo lo sfogo della figlia — e poi, alla fine, nessuno ha una responsabilità, e niente ci risarcirà. Anche noi siamo stati tanto male. Queste sono cose che cambiano la vita".