Pistoia, 15 ottobre 2010 - Per affrontare e risolvere i problemi di Pistoia servirebbe la bacchetta magica. Non che si tratti di problemi insuperabili, ma la proteste, le divisioni e una naturale ritrosia al cambiamento non fanno che alimentare il fuoco della polemica. Di passi, soprattutto negli ultimi anni, ne sono stati fatti tanti, ma le questioni aperte restano ancora tante. Dal Copit al caso Legno rosso, dai nodi e dalle divisioni della politica alla crisi economica e agli effetti che questa potrebbe avere sulle aziende e sulla strategia di governo dell’amministrazione locale.

E se davvero avesse la bacchetta magica, forse, Renzo Berti partirebbe dal cuore del problema: «Pistoia, e mi riferisco sia alla politica che ai cittadini, viaggia con il freno a mano inserito. La nostra città — spiega il sindaco — deve avere più coraggio e non perdersi in sterili polemiche. Chi non fa non sbaglia, ma l’inerzia non paga mai. E Pistoia ha bisogno di fare».

A proposito di fare, cominciamo dal Copit. La riorganizzazione del servizio non ha provocato gli effetti sperati. E i correttivi in corsa non sembrano aver cambiato la situazione...
«La situazione non è semplice. Il nostro progetto, che prevedeva un investimento da 1,3 milioni di euro, con la sincronizzazione dei semafori e l’uso di fibre ottiche, si è scontrato con la carenza di fondi. Il disagio, oltre che dai cambiamenti stessi, è provocato dall’interruzione del sistema di attraversamento della città. Non escludo che si possano apportare ulteriori modifiche, ma il problema è soprattutto un problema di prospettiva. Mi sono già incontrato con i colleghi di Lucca, Pisa e Livorno nell’ambito della discussione sul Ctt. Siamo a metà di un guado, o si attraversa o si torna indietro».

Che cosa vuol dire?
«Significa che il progetto di un’unica azienda di trasporto pubblico locale è forse la sola strada attualmente percorribile. Anzi, il progetto dovrebbe essere ancora più ambizioso, pensando a un’azienda di trasporto pubblico in grado di operare a livello regionale. Un collega sindaco di una città importante sostiene che bisognerebbe privatizzare il sistema. Questo, però, avrebbe conseguenze devastanti. Eppoi dobbiamo ricordare che Pistoia risente di un meccanismo di remunerazione penalizzante che non tiene conto delle caratteristiche del suo territorio».

Lei fa spesso riferimento ai tagli dei finanziamenti. L’opposizione, però, sostiene che dietro i disservizi del Copit, esista anche una precisa responsabilità politica....
«La nostra opposizione dovrebbe essere più costruttiva. Non credo che si possa parlare di responsabilità politica, né per quanto riguarda il caso Del Santo, né per i problemi tecnici del servizio. Quando il progetto è stato approvato, ci sono state soltanto considerazioni positive».

Denaro pubblico e responsabilità, ci risiamo. Come riuscirete a risolvere il caso Legno rosso?
«Guardi che l’esperienza del Legno rosso è assolutamente positiva, sotto tutti i punti di vista. Quel campo, che da giovane ho spesso frequentato, era il peggiore di Pistoia. Oggi, invece, è una realtà completamente diversa, tanto da essersi trasformata in un punto di aggregazione. I presunti mancati introiti di cui qualcuno parla sono frutto di fantasia. La società che gestisce l’impianto ci sta addirittura rimettendo. In ogni caso stiamo ricostruendo i fatti e renderemo conto a tutti della vicenda con la massima trasparenza. Ma tengo a ripetere ancora che quella del Legno rosso è una vicenda positiva».

Si riferisce al sistema di gestione e al rapporto fra pubblico e privato?
«Proprio così. In un periodo in cui le risorse scarseggiano sarebbe necessario individuare interlocutori capaci e rafforzare il rapporto fra pubblico e privato. E si tratta di una strategia che potrebbe essere estesa a molti campi. Intendiamoci, non sono un sostenitore delle privatizzazioni. Penso, piuttosto, a una parte pubblica che mantenga la supervisione e garantisca sia la qualità dell’offerta che l’equità nell’accesso».

Lei parla di equità. Come spiega, allora il caso degli immobili comunali affittati a prezzi così diversi e con canoni spesso inferiori ai valori di mercato?
«E’ necessario fare delle distinzioni, perchè spesso si tratta di beni concessi a soggetti che garantiscono un ritorno o di immobili in cui vengono svolte attività molto particolari. Ci sono comunque dei casi che andranno oggettivamente rivalutati».

E Pistoia Ovest? Anche in questo caso si tratta di introiti per le casse comunali...
«Innanzitutto vorrei che la vendita fosse accompagnata da un progetto di gestione non solo riservato al calcio, ma aperto anche ad altre discipline sportive. In ogni caso faccio mie le preoccupazioni di pensa a una vendita a prezzi vantaggiosi oppure a una vendita destinata a tradursi in privatizzazione. Non sarà così: il percorso dell’alienazione deve essere portato avanti e non si tradurrà certo in una svendita. Il nostro Comune, come tutte le realtà, ha bisogno di entrate straordinarie».

E’ anche per questo che state riducendo il numero dei dipendenti comunali?
«Si tratta di una strategia che rientra porprio in quell’ottica. Negli anni Settanta abbiamo vissuto il meccanismo dell’espansione della spesa pubblica intervendo anche sulla rete dei servizi. Questo ci ha permesso di investire molto nel settore dei servizi e del sociale ma ha anche determinato una forte esposizione economica. Pensi che il 40% del bilancio comunale era fino a poco tempo fa riservato alle spese per il personale. E’ chiaro, a questo punto, che dobbiamo fare un percorso a ritroso. Al 31 dicembre 2008 i dipendenti comunali erano 840. Oggi siamo già scesi a 809».

Capitolo politica. La crisi del Pd pistoiese continua fra polemiche e spaccature. E in questi giorni si vota per l’elezione del segretario comunale e di quello provinciale...
«Come ho già scritto nella lettera che ho inviato ai due candidati comunali, la politica non deve rappresentare la palestra esclusiva delle proprie ambizioni. Al tempo stesso, la scelta di un candidato, non deve essere fatta in base alla rete dei sostenitori, ma in base ai contenuti del suo programma. Il partito deve essere un punto di riferimento e deve essere in grado di sostenere le scelte che vengono compiute. Indipendentemente da chi vincerà, sarà necessario ricreare le condizioni per la sua riaggregazione».

Il suo è un appello all’unità?
«Sì, ma non vorrei che il concetto di unità si confondesse con quello di unanimismo. Stiamo parlando di un partito che a livello provinciale è stato commissariato ed è stato commissariato per divisioni che, invece di riguardare i contenuti, attenevano alla sfera del rancore e delle divergenze sulle singole prospettive. Quando non si riesce ad andare d’accordo a causa delle ambizioni personali o per gli sgarbi fatti o sofferti in passato, i risultati non vengono mai raggiunti. Il problema del partito democratico è quello della politica in generale. In questo senso spero che ci sia un partito in grado di valorizzare le scelte fatte e di proporre un’alleanza di governo di centrosinistra. Torno a quello che ho già detto: la nostra città deve avere più coraggio e non perdersi nelle polemiche. Chi non fa non sbaglia. E Pistoia ha bisogno di fare».