Conquistata dall'amore per i cuccioli, poi gli abusi nel casottino dell'allevamento

Le lacrime della mamma in aula dopo la sentenza di condanna del settantenne

Un processo

Un processo

Pistoia, 3 luglio 2015 - L’importante per loro era che, in aula, venisse accertata la verità. E la condanna a tre anni di reclusione dell’anziano accusato di violenza sessuale nei confronti della loro figlia, che all’epoca aveva tredici anni, è stata, più ancora che giustizia, Verità. La mamma, in aula penale, non è riuscita a trattenere le lacrime, ma le ha subito soffocate con un singhiozzo. Ma una volta fuori non è riuscita a trattenersi. E ha abbracciato stretto il pubblico ministero Giuseppe Grieco e gli ha coperto il volto di baci. Lei piccola, lui molto alto, ma ce l’ha fatta lo stesso. Un momento così toccante, a palazzo di Giustizia, al termine di un processo così delicato, non si era mai visto. Di questo caso su queste pagine avevamo parlato due anni fa, quando l’uomo (M.D.S., oggi settantenne, iniziali a tutela della minore), fu raggiunto dalla misura cautelare agli arresti domiciliari al termine dell’indagine svolta dalla sezione minori della Squadra Mobile, coordinata dal vicequestore aggiunto Antonio Fusco e dirette dal pm Grieco. Il processo si è concluso ieri mattina con la sentenza di condanna pronunciata dal presidente del Collegio Luciano Costantini (a latere Gianlucca Mancuso e Vanessa Rocchi). Il pm aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione.

Le motivazioni saranno rese note fra trenta giorni. Nell’infliggere la metà della condanna richiesta dalla pubblica accusa i giudici potrebbero aver considerato «la lieve entità» della violenza subita dalla bambina, costretta, secondo l’accusa, a subire odiosi palpeggiamenti. Ma la sua testimonianza, nel corso dell’incidente probatorio, davanti al gip Roberto Tredici e alla psicologa, è stata invece ritenuta credibile. La bambina, come si scrisse all’epoca, attraversava un momento di difficoltà relazionale, sembrava che avesse un lieve ritardo, quando invece aveva soltanto un lieve problema di linguaggio. Ai genitori fu suggerito dai terapeuti di occuparsi di un cucciolo per aiutarla a superare quella fase e così furono presi contatti con l’imputato, all’epoca dei fatti titolare di un allevamento amatoriale di cani che si trova nella zona di Quarrata. Ma, nella ricostruzione dell’accusa, i cagnolini si trasformarono presto in una scusa per stabilire un rapporto di confidenza, per conquistare l’affetto della minore e stabilire con lei dei «segreti» e portarla in una specie di “casottino“ interno all’allevamento dove la bambina avrebbe subito atti sessuali. «Un sistema subdolo – aveva descritto il pm nella sua requisitoria – del ruolo dell’adulto per diventare una specie di fidanzato».

Poi c’erano i messaggini affettuosi sul cellulare (dove l’anziano chiedeva manifestazioni di affetto), c’erano i regalini (le ricariche del telefonino) le passeggiate, una progressione di azioni che, secondo l’accusa, avevano infine portato al contatto fisico. Nel corso delle indagini era emerso un secondo caso che riguardava una seconda minore che aveva confermato questo quadro e che non si è costituita parte civile nel procedimento. L’IMPUTATO, che era difeso dall’avvocato Giuseppe Alibrandi si è sempre dichiarato innocente e, davanti ai giudici, ha sostenuto che quello era il suo modo di fare «aperto con tutti, come un nonno». La minore, e si suoi genitori, si erano costituiti parte civile, assistiti dagli avvocati Luca Innocenti e Ilaria Poli del foro di Pistoia. «Un processo condotto con rispetto e delicatezza da parte di tutti – ci ha tenuto a sottolineare dopo la sentenza l’avvocato Innocenti – . Per la famiglia la cosa più importante era la verità». I giudici hanno riconosciuto alle parti civili una provvisionale complessiva di trentamila euro, rinviando al tribunale civile il risarcimento dei danni subiti.