Romeo y Giulieta: Shakespeare balla il tango

Danza al teatro Verdi. Intervista al coreografo e regista Luciano Padovani / L'AMORE A PASSO DI TANGO

Luciano Padovani

Luciano Padovani

Pisa, 11 febbraio 2015 -  Galeotto fu Shakespeare a far accendere l'amore tra Romeo e Giulietta? Sì, ma galeotto fu anche il tango. Parola di Luciano Padovani, coreografo e regista, con una passione antica per il ballo, che ha riletto il capolavoro shakespeariano a passo di danza. Non uno qualunque, però. Insieme passionale e drammatico, è il passo del tango che lui ha scelto per riportare sulla scena la tragedia dei due giovani, vittime dell'odio tra le famiglie rivali dei Montecchi e dei Capuleti. In esclusiva per la Toscana uno spettacolo inconsueto, dunque, che vedremo giovedì sera alle 21 sul palcoscenico del Verdi dove danzatori contemporanei e tangueros argentini della compagnia Naturalis Labor ci racconteranno la storia di Romeo e Giulietta in una versione molto particolare. Saranno accompagnati dal Tango Spleen Cuarteto, a cui è affidata l'esecuzione dal vivo di celeberrime musiche di Piazzola, Speranza, Calo, Mores e Quartango.

Come è nata l' idea? Padovani ce lo spiega così: "Sono un appassionato tanguero, ma mi sono stancato dei soliti spettacoli ambientati nei soliti locali fumosi di Buenos Aires e animati dai soliti emigranti. Volevo raccontare una storia e quella di Giulietta e Romeo mi è sembrata perfetta per il tango. Il loro è un rapporto d'amore ostacolato, dove le passioni sono esaltate e la mascolinità e la femminilità ben definite, non sfumate come ai giorni nostri".

E via col tango, allora, con tante sorprese che il regista non vuole svelare, ma anche con le intense caratteristiche del dramma shakespeariano, che non sono state cancellate. "Ho cercato un repertorio musicale adatto a Shakespeare e in alcuni momenti ho sottolineato il forte dualismo della storia facendo interpretare tutti i Capuleti dalle donne e tutti i Montecchi dagli uomini, come se tutte le donne diventassero Giulietta e tutti gli uomini fossero Romeo".

Ma i luoghi? Verona o Buenos Aires? "Nessuno dei due", risponde il coreografo e regista. "Non c'è Verona, ma non c'è nemmeno Buenos Aires. O forse ci sono entrambi, perché sono evocati. C'è un palazzo, c'è una tomba, c'è un sapore di antico che non è antico e c'è un sapore di contemporaneo che contemporaneo non è. Altro non dico per non sciupare il piacere dello spettacolo". Kriminal tango sarà comunque. D'altronde che il tango sia fatale e ferisca al cuore Luciano Padovani lo sa per averlo provato direttamente. Nella sua lunga avventura artistica, cominciata a Parigi, continuata alla Scala e in molti altri teatri europei che lo hanno conosciuto prima come ballerino e poi come coreografo, l'incontro con il tango è avvenuto 8 anni fa e da allora non si sono più separati. "L'idea è quella di contaminare con il tango le mie esperienze di danza contemporanea, ma senza storpiature, né dall'una, né dall'altra parte".

Una specie di scommessa, quasi una sfida con se stesso, quella di avvicinare i tangueros alla danza contemporanea e viceversa. La vittoria non era per niente scontata e infatti lui stesso confessa che è stata la cosa più difficile. D'altronde artisti si nasce e poi lo si rimane per tutta la vita. Come? Scopriamolo con lui. -L'Università interrotta per amore della danza, un'avventura teatrale che dura da molti anni. Faccia un bilancio: più gioie o più dolori? "Direi più gioie, nonostante i molti dolori. Tutti mi dicono che sono fortunato, ma in realtà questo non è un mondo facile. Le economie sono sempre più risicate e quando si arriva alla sera bisogna pur mangiare la minestra. Ma, nonostante tutto, le gioie sono state davvero tante".

Rimpianti? Oppure rifarebbe tutto?

"Guardando le cose con il senno di poi forse farei delle scelte più commerciali. Ma per il resto rifarei assolutamente tutto. E' vero che ho dovuto rinunciare alla sicurezza economica, ma in fondo ne sono ben contento: la libertà che dà questo lavoro è impagabile".

Cosa le ha insegnato la danza?

"Tantissime cose. Prima di tutto ad avere un rapporto con le persone, perchè non si balla da soli. E anche ora, come coreografo, svolgo un lavoro di équipe, dove tutti portano qualcosa, e questa è una cosa che mi piace molto. In più c'è un benessere psico-fisico che un danzatore porta sempre con sé. E' il sapersi muovere, saper gestire il proprio corpo in qualsiasi momento. Per questo sono sempre a mio agio in tutte le situazioni. In più la danza mi ha aperto mentalmente, mi ha dato un valore aggiunto, mi ha fatto apprezzare uomini e donne per quello che sono, al di là degli stereotipi già confezionati".

Come definirebbe il tango nel panorama della danza?

"Una cosa a metà tra la danza di carattere e la danza classica. Si tratta di preparazioni completamente diverse. Per ballare il tango non è necessario conoscere la danza classica, ma chi la conosce è molto più elegante".

Un ballerino deve avere più tecnica o più fascino?

"Se si parla di un ballerino classico la proprorzione è 50 e 50. In un tanguero è il fascino che conta di più".