Insulti e fischi dai genitori, il baby calciatore: "Non voglio più giocare a calcio"

Il tredicenne aveva fatto un fallo. Lo sfogo in una lettera aperta

Calcio giovanile in una foto d’archivio StudioSally

Calcio giovanile in una foto d’archivio StudioSally

Pisa, 27 aprile 2017 - Genitori insultano il giocatore della squadra avversaria, il ragazzo di 13 anni scrive una lettera per fare capire loro come ci si dovrebbe comportare. Una lezione di stile e maturità che arriva da chi non ha grande esperienza di vita, ma che dal centro del campo sportivo vede bene l’odio negli occhi di genitori troppo ‘focosi’ durante una partita di ragazzi nati nel 2003.

L’episodio è accaduto domenica scorsa a Filettole, durante il match tra Migliarino Vecchiano e Spa Val di Serchio. Una partita come tante altre, poi il fallo di un giocatore della Spa sul portiere avversario. E si scatena il caos. "Il ragazzo è scivolato e si sono toccati", spiega al telefono l’accompagnatore del Val di Serchio, "niente di grave e senza conseguenze, ma dalla tribuna i genitori hanno cominciato a inveire contro il nostro attaccante. Fischi, insulti, poi l’ammonizione da parte dell’arbitro e tutti ad applaudire soddisfatti". Chi pensa che in tutto questo non ci sia niente di male dovrebbe mettersi nei panni di un ragazzino che sta crescendo e imparando a vivere ogni giorno, che viene insultato da un gruppo di adulti che dovrebbero essere l’esempio da seguire, ma che in questo caso non lo sembrano affatto.

"Quando mio figlio è tornato a casa dal campo sportivo aveva le lacrime agli occhi – racconta la madre al telefono – uno sfogo di rabbia, come se ne hanno molti alla sua età, ma di solito torna dal campo allegro, così gli ho chiesto cosa fosse successo. Mi ha risposto che non voleva più giocare a calcio, lo sport che ha sempre amato. Poi si è chiuso in camera a sbollire".

Il ragazzo decide di sfogarsi, ma non seguendo l’esempio di chi lo ha insultato. Lo fa con la testa. Prende un foglio e una penna e scrive una lettera aperta, dettata dal cuore di un ragazzino che è stato aggredito verbalmente dai genitori dei suoi coetanei. "In campo non ha reagito – aggiunge l’accompagnatore – ha fatto buon viso a cattivo gioco. Si è preso l’ammonizione e ha continuato a dare il massimo per la squadra. Non si meritava un trattamento del genere".

E di scene come questa, purtroppo, se ne vedono molte. Talvolta sui campi dove giocano bambini ancora più piccoli. Gli stessi che lì, sul terreno di gioco, dovrebbero apprendere i valori di uno sport, qualunque esso sia, non certo l’odio di chi interpreta il campo sportivo come un luogo dove tutto è lecito, anche dare il cattivo esempio.

Andrea Valtriani