Migranti, il prefetto richiama i sindaci

«Pisa deve accogliere l’11% dei profughi di tutta la Toscana. Trovare subito le strutture, oppure dormiranno sui lungarni»

Il prefetto Attilio Visconti

Il prefetto Attilio Visconti

Pisa, 27 aprile 2015 - Una struttura di proprietà preferibilmente pubblica. Capiente, pronta, dislocata tra Pisa, Cascina e San Giuliano. Una sede - che potrà essere gestita dalla Croce Rossa - da mettere a disposizione in tempi brevi per accogliere in via temporanea («per una notte, massimo due») i migranti che saranno dirottati d’ora in avanti sul nostro territorio. Un numero che sarà calcolato automaticamente nella percentuale dell’11% rispetto al totale di ogni «ondata» che arriverà in Toscana, regione per la quale si parla di almeno 2mila rifugiati al mese. Il prefetto Attilio Visconti la chiama «struttura di alleggerimento», indispensabile prima della ricollocazione diffusa degli stranieri sul territorio in piccoli gruppi o unità. L’invito, piuttosto perentorio, rivolto ai sindaci è ad individuarla velocemente per «evitare il rischio tendopoli».

 

«O si fa così – taglia corto il prefetto, con una battuta che sa, però, di avvertimento – oppure succederà che al primo arrivo i migranti dovranno dormire nei sacchi a pelo sui lungarni, costringendo poi la Prefettura a procedere con lo strumento della requisizione di immobili». Nella lettera inviata ai sindaci e ai responsabili delle Società della Salute dopo l’ultima riunione dei prefetti che si è svolta a Firenze, il prefetto Visconti parla chiaro: «Nel nostro territorio solo 14 dei 37 sindaci hanno dato fino ad oggi aiuto nell’accoglienza dei migranti, la provincia di Pisa è quella in Toscana che, al momento, registra il minor numero di persone accolte. Ma il fenomeno adesso è epocale, ha e avrà dimensioni enormi. Tutto sarà calibrato secondo la popolazione provinciale: a Pisa verrà smistato ogni volta l’11% dei rifugiati sbarcati in Toscana. Se saranno 100, ne dovremo accogliere 11. Ma se ne arriveranno 500 tutti insieme e improvvisamente?».

Se questa è la posizione del prefetto Visconti, gli amministratori dall’altra rispondono concentrandosi soprattutto sulla «fase 2»: la ricollocazione sul territorio a piccoli, piccolissimi nuclei «in modo da avere – spiega l’assessore alle politiche sociali e presidente della Sds Sandra Capuzzi, che in queste ore sta lavorando in tandem con l’assessore al patrimonio Serfogli – un impatto comunque minimo sulla popolazione residente». «Trovare e mettere a disposizione strutture di accoglienza temporanea come richiesto dal prefetto non è certo facile, non ne abbiamo a disposizione. Stiamo invece provvedendo, come deciso assieme all’Anci, a individuare in maniera puntuale sedi per ospitare gruppi di piccole dimensioni, anche appartamenti non venduti o non affittati. In questo senso la disponibilità è massima ma il centro di accoglienza, anche in via temporanea, di grandi dimensioni deve essere l’estrema ratio...». Escluso fin da ora il riutilizzo di Piaggerta, in San Rossore, spuntano però altre ipotesi. L’Unione Inquilini «lancia» gli immobili dismessi di via Zamenhof, di proprietà della Usl 5 e dell’Aoup. Altra ipotesi: le cliniche vuote dell’ospedale Santa Chiara, a partire dall’ex Pronto Soccorso. E ancora: l’ex distretto militare di via Bovio, la villa Medicea a Coltano e altri immobili presenti in San Rossore (ma qui dovrà entrare in gioco la Regione). Sul fronte privato, l’altra posssoluzione, che però appare più difficile da percorrere, è l’hotel Granduca a San Giuliano, oggi chiuso.

«Per gestire l’accoglienza dei profughi serve una cabina di regia affidata all’amministrazione regionale o agli enti locali, capace di distribuire sul territorio i migranti secondo quella logica dei ‘piccoli gruppi’ promossa ormai da qualche anno in Toscana e che, da un anno a questa parte, si è scontrata un po’ troppo spesso con l’approccio emergenziale, affidato prevalentemente alla gestione prefettizia». A dirlo è Anna Batini, candidata Pd alle elezioni regionali e da anni impegnata nel volontariato e nel terzo settore. «La mia non è una critica contro il personale delle Prefetture e non è in dubbio il grande impegno che hanno profuso, ma che credo debba esse superata la logica emergenziale, magari introducendo una normativa che affidi il coordinamento a chi conosce il territorio, come un’amministrazione locale, che è in grado di costruire quelle reti di accoglienza e collaborazione in cui un ruolo centrale è stato e continuerà ad essere giocato da terzo settore e cooperazione sociale».