Le false teste di Modigliani in mostra a Pisa

In mostra le sculture-patacca protagoniste della leggendaria burla livornese

L'esposizione pisana

L'esposizione pisana

Pisa, 27 ottobre 2014 - Storie di geni. E di patacche. Certo, il povero Modì, che di sicuro non mancava di genialità, avrebbe avuto ben ragione di prendere quelle brutte opere e gettarle nei fossi in un momento di sconforto...Rozze, grottesche, prive di espressione, sono semplicemente quelle che volevano essere: una beffa da burloni livornesi, impresa goliardica che non doveva avere conseguenze se non quelle di qualche risata al bar. Basta guardarle adesso, nella stanza al piano terra del Museo di San Matteo a Pisa , dove sono esposte fino al 15 febbraio, per ripercorrere l'intera vicenda senza riuscire a capire come può essere nato l' errore che prima ha fatto esultare e poi ridere il mondo intero. Però è vero che del senno di poi sono piene le fosse e oggi può sembrare facile riconoscere la falsità di opere che sappiamo precisamente essere false. Comunque non c'è dubbio che da quel momento in poi, era l'estate del 1984, la critica dell'arte ha dovuto cospargersi il capo di cenere, cambiare strada ed essere pronta a mettersi in discussione. Perché quel 24 luglio di 30 anni fa, quando la prima testa fu 'ripescata' nei fossi davanti alle telecamere della Tv, eminenti studiosi, tra cui lo stesso Giulio Carlo Argan, gridarono alla scoperta mentre altri critici, nonché periti ne confermarono l'autenticità, così come la loro lunga permanenza nell'acqua.

L'esultanza fu generale; solo due voci, quella di Federico Zeri e Carlo Pepi si staccarono dal coro, ma vennero immediatamente emarginate e sopraffatte dall'entusiamo collettivo. D'altronde quel ritrovamento appariva come la manna dal cielo e dimostrava che due più due fa quattro anche nell'arte. Non si era forse sempre raccontato che Modigliani nel 1909, tornato per un breve periodo in visita a Livorno, aveva gettato via alcune opere appena scolpite? Eccole, allora, quelle statue: la leggenda si trasformava in realtà, una realtà eccezionale per la storia dell'arte del mondo intero. Insomma, furono 40 giorni di apoteosi per Livorno e per la conservatrice dei musei civici della città, Vera Durbé, che aveva da poco inaugurato una mostra con cui si celebrava il centenario della nascita del mitico concittadino 'Dedo', grazie alla quale aveva convinto il Comune a dragare i Fossi del quartiere Venezia alla ricerca delle leggendarie teste. Furono anche 40 giorni di suspence perchè dopo il fatidico 24 luglio, altre due opere vennero tirate sù dalla draga, di fronte ad un pubblico col fiato sospeso. Era il trionfo. Peccato che il risveglio sia stato tanto brusco. Successe all'inizio di settembre, quando il settimanale Panorama pubblicò una piena 'confessione' di tre studenti livornesi, Pietro Luridana, Francesco Ferrucci e Michele Ghelarducci, anche loro sicuramente geniali ma di certo poco artisti, i quali raccontarono di aver 'creato' una delle tre teste con un trapano Black&Decker a casa di un comune amico, Michele Genovesi. E per dimostrare ai critici assolutamente increduli e ormai furibondi che proprio di 'patacche' si trattava dovettero persino dare una dimostrazione pratica (e ineccepibile) del modo in cui avevano lavorato.

"Continuavano a non trovare niente, così abbiamo deciso di fargli trovare qualcosa", chiosarono i quattro 'falsari' ricordando l'affannoso e inconcludente dragaggio dei fossi nei primi giorni delle ricerche. Alle altre due teste false ci aveva pensato un artista spiantato e donnaiolo, Angelo Froglia, ex portuale, spinto dal clamore del primo ritrovamento. Anche lui uscì allo scoperto e disse che lo aveva fatto per spirito di rivalsa nei confronti dei critici. Questo racconta la cronaca, a cui, come è giusto che sia, seguì la vergogna.

Dario Matteoni, direttore del museo di San Matteo, dove adesso i falsi Modì sono esposti, commenta così: "I tre reperti si offrono ancora oggi quale testimonianza di un'autosuggestione collettiva, nata nel nome di Modigliani, che sembra affondare le sue motivazioni nel desiderio di trasformare un sogno, un mito in realtà. Si potrebbe quasi rileggere l'episodio del ritrovamento come un racconto, o meglio una fiaba che trova il suo premio nelle sculture affiorate dalle acque, quasi magiche, del Fosso Reale". Da quelle acque, forse anche magiche ma certamente fangose, le tre 'opere', dopo il loro quarto d'ora di celebrità, finirono in qualche armadio del Comune, nell'attesa che il tempo stendesse un pietoso velo sull'intera vicenda. Sono rispuntate qualche mese fa, a 30 anni dalla burla, ed esposte a Livorno con grande successo di pubblico e con i tre 'falsari, oggi affermati professionisti, presenti all'inaugurazione insieme al neosindaco Nogarin. E dal 3 ottobre sono appunto a Pisa, nel museo di San Matteo, tempio dell'arte medievale (autentica), dalla parte opposta del lungarno dove, a Palazzo Blu, imperano in questo stesso periodo oltre cento opere (autentiche) di Modì, in una mostra organizzata dalla Fondazione Palazzo Blu in collaborazione con il Centro Pompidou di Parigi. Capolavori e pasticci. Verità e bugie. Ma in fondo anche le 'patacche' hanno una storia. Sarà meglio non dimenticarsela