"Il nostro servizio non finisce qui": Massimo Bortoluzzi e Vittorio Cerri, amici da una vita, si raccontano

L'ex comandante della Municipale e il direttore del carcere Don Bosco uniti anche da una coincidenza: sono andati in pensione lo stesso giorno, lo scorso 1° maggio

Vittorio Cerri e Massimo Bortoluzzi

Vittorio Cerri e Massimo Bortoluzzi

Pisa, 22 maggio 2015 - Due servitori dello Stato, come si sono sempre definiti e ancora sentono di essere. Due amici. A legarli, ora, anche una data: 1° maggio 2015. La pensione, per entrambi. Per Massimo Bortoluzzi, ex comandante della polizia municipale, e Vittorio Cerri, per 18 anni direttore del carcere Don Bosco, un altro tassello del puzzle che compone le loro vite. Tra incroci continui, sostegno reciproco, comunanza di valori e impegno pur nella assoluta diversità. «Lui a messa ogni domenica, da vero baciapile» ride Bortoluzzi. «E tu che non eri mai pronto perché andavi a vendere l’Unità, facevi il caffè al circolo Balalaika e ti presentavi al mare con la canotta da operaio» risponde Cerri. Un amicizia (e una pisanità) che è stata un valore aggiunto nel servizio.

«FRATELLI MANCATI». Giurisprudenza, primo incontro tra le aule di Diritto penale. Tesi con il professor Metello Scaparone, Procedura penale. Poi qualche concorso preparato insieme e per Bortoluzzi l’ingresso in polizia nel 1981. Dopo un breve periodo a Roma, il rientro a Pisa prima alla squadra Volanti e poi alla guida della Mobile. Per Cerri arriva, invece, l’incarico come direttore del carcere di Lucca. E le vite tornano ad incrociarsi, come ai tempi dell’università. I contatti sono di nuovo quotidiani. Tra le mura del carcere di Lucca arrivano anche gli arresti effettuati dalla squadra mobile pisana, in particolare tra la malavita di Viareggio, ma la collaborazione scatta soprattutto per la gestione dei detenuti malati di Aids. Intanto le famiglie si conoscono, i figli crescono insieme. Massimo Bortoluzzi nel 1990 è tra i protagonisti della liberazione del piccolo De Megni, prigioniero in una grotta nel Volterrano. E dopo la Mobile è il momento della Digos. Sono gli anni delle Brigate Rosse, l’ultimo atto. Vittorio Cerri nel frattempo arriva al Don Bosco, all’interno del quale gli è successo di veder entrare anche qualche vecchio amico («Sono originario di Gagno, un quartiere difficile»). Anche a Bortoluzzi è capitato di arrestare volti conosciuti: «Ma non ho mai provato imbarazzo, il senso delle istituzioni mi hanno sempre guidato e hanno sempre prevalso». E’ nel 2001 che Massimo Bortoluzzi accetta l’invito del sindaco Paolo Fontanelli a diventare comandante della municipale,incarico che ha ricoperto fino allo scorso 1° maggio.

I CRUCCI. Stazione e Vettovaglie: per Massimo Bortoluzzi sono questi i punti dolenti per i quali rimane l’urgenza di fare di più. «Il coordinamento tra la municipale e le altre forze dell’ordine negli ultimi sei mesi ha portato i primi frutti, un progetto che spero possa andare avanti anche senza di me». E per le Vettovaglie, dove il neo-comandante fece la sua prima festa della municipale, «l’unica soluzione è una sinergia tra amministrazione, le forze dell’ordine e le categorie presenti, superando concorrenza ed egoismi». E parla di sinergia – in questo caso tra casa circondariale e quartiere – anche Vittorio Cerri: «Nei miei 18 anni a Pisa (nel curriculum anche 10 anni a Lucca, 4 a Pianosa in momenti diversi e 4 a Firenze, ndr) i cittadini hanno apprezzato le iniziative che avevano favorito una migliore convivenza: il parco Solarino, il concerto della banda della polizia penitenziaria, presentazioni di libri. Quello che invece non sono riuscito a fare, invece, è far capire a livello ministeriale che Pisa non è una città medio-piccola, sotto i 100mila abitanti come recitano le carte. La carenza di organico in quegli anni tra la polizia penitenziaria era impressionante». Un problema che anche Bortoluzzi conosce bene: «La municipale di Pisa ha un terzo degli uomini che dovrebbe avere».

IL FUTURO. «Il nostro è un lavoro in cui il led è sempre acceso, usurante, 24 ore su 24, 350 giorni l’anno. E anche oggi, il primo istinto è quello di chiamare la centrale operativa. Il mio sguardo non riesce ancora ad essere disinteressato» afferma Bortoluzzi. Ma adesso c’è un nuovo capitolo tutto da costruire. La voglia, per entrambi, è quella di continuare a servire la propria città, da volontari. «Siamo convinti che Pisa abbia bisogno di essere amata di più da tutti. Con le giuste forme, è necessario che i cittadini diano il proprio contributo alla gestione della città. Noi ci stiamo pensando. E ci metteremo presto in moto». «E un punto di partenza - conclude Vittorio Cerri - potrebbe essere la cooperativa Don Bosco, fondata con il nostro carissimo amico Giorgio Vecchiani, presidente dell’Anpi, scomparso da poche settimane. La vigilia del 25 aprile eravamo a casa sua, lo abbiamo salutato, la sofferenza era già tanta. Sulle scale ci siamo guardati e ci siamo detti che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avremmo visto. E così è stato. Sarà sempre nei nostri cuori».