Pisa capitale delle protesi articolari

Parla il professor Giulio Guido : "cambiano materiali e tecniche d'impianto"

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Pisa, 17 settembre 2014-  Il professor Giulio Guido dirige la II Clinica Ortopedica dell’Università di Pisa. Dal novembre del 2012 è direttore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Considera suoi mastri i professori Pier Giorgio Marchetti, Alessandro Faldini e Niccolino Marchetti, tutti della scuola del professor Scaglietti.

Professor Guido, si può fare un paragone fra interventi traumatologici e protesici nelle diverse applicazioni? «Spesso la traumatologia presenta difficoltà molto maggiori rispetto all’ortopedia. Come dico ai miei specializzandi e assistenti, gli interventi di traumatologia sono sempre ‘una sfida’ perché le fratture non sono mai tutte uguali. Al contrario, gli interventi per patologie ortopediche (tipo protesi) sono abbastanza codificati e l’apprendimento per il chirurgo è decisamente più breve».

Quali sono le più diffuse applicazioni di protesi? «La sostituzione protesica di un’articolazione è stata eseguita per la prima volta nel XIX secolo per una patologia dell’anca; da quel momento questo tipo di intervento è stato impiegato per molte altre articolazioni: oltre all’articolazione dell’anca, anche del ginocchio e della spalla».

Quanto sono cambiate le protesi negli ultimi anni? «Vi è stato certamente un miglioramento sia nel design - basti pensare all’introduzione di protesi mini invasive -, sia nell’impiego di diversi e nuovi materiali. In particolare, l’accoppiamento ceramica-ceramica, che compone l’articolazione vera e propria, favorisce una minore usura. Accoppiate al titanio della struttura protesica, ideale per l’osteointegrazione, queste protesi garantiscono ottimi risultati».

Le più particolari e nuove? «Sono le protesi di rivestimento e le protesi inverse, applicate entrambe per patologie dell’articolazione della spalla. Noi della II Clinica Ortepedica di Pisa siamo gli unici in Italia a impiantare le protesi inverse attraverso un’unica mini-incisione, a tutto vantaggio non solo del veloce ripristino della funzionalità della spalla ma anche della salvaguardia dei tessuti molli coinvolti».

Rispetto a vent’anni fa in quale percentuale è aumentata la resistenza delle protesi? «Mediamente, grazie ai nuovi materiali, alle nuove tecniche di cementazione e alla via di accesso chirurgico, è aumentata almeno del 50%. Oggi una protesi d’anca può durare 15-20 anni».

Qual è la patologia ortopedica che nei prossimi anni avrà maggiore diffusione? «Visto la longevità della popolazione, certamente le patologie dell’anziano e, per quanto riguarda la mia specialità, mi riferisco principalmente all’osteoporosi e alle fratture da fragilità, in particolare alle fratture del collo del femore».

Quanto la impegna il suo ruolo di primario? «L’impegno del primario è notevolmente aumentato anche per la gestione della burocrazia: alcune attività negli anni passati non erano contemplate, altre venivano svolte da figure diverse nell’ospedale».

Come concilia il suo lavoro con la vita privata? «Spesso la vita private di un medico è sacrificata a favore dell’attività lavorativa. La mia fortuna è stata di avere una moglie medico che ha sempre saputo capire e appoggiarmi».

Cosa fa nel tempo libero? «Ho qualche hobby: adoro viaggiare, leggere, cucinare e fare sport». Cosa legge? «Soprattutto libri di azione: Camilleri è il mio autore preferito». Cosa guarda in tv? «Programmi sportivi, dibattiti politici, film. Raramente fino in fondo perché il giorno successivo bisogna essere in sala operatoria e ogni mattina alle 6,30 suona la sveglia».