Fecondazione assistita, porte aperte al Santa Chiara: quanto costa e chi può farla

Il dottor Vito Cela racconta come funziona il servizio e i progetti per il futuro

Fecondazione assistita (immagine d’archivio)

Fecondazione assistita (immagine d’archivio)

Pisa, 18 marzo 2015 -­ L'ospedale si allinea ai tempi e potenzia nuovi settori per rispondere ad esigenze fino a qualche anno fa non previste tra i servizi della medicina pubblica. Le statistiche dimostrano, infatti, come siano sempre di più le donne che diventano mamme quando hanno superato i 40 anni, denunciando cambiamenti nei 'bisogni' medici destinati a diventare sempre più frequenti. Il Centro Pma­procreazione medicalmente assistita, nato all'interno dell'Aoup nel 2012, visita da allora 1500 coppie all'anno con problemi di infertilità ed esegue numerosi interventi di inseminazioni intrauterine e di fecondazione assistita raggiungendo ottimi risultati. Tanto che il Centro nazionale trapianti gli ha riconosciuto la certificazione per poter entrare a far parte degli istituti italiani ufficialmente riconosciuti. Altri e importanti sviluppi dell'attività sono in corso, quali la fecondazione eterologa e la preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche. Il centro pisano fa parte dell'Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia oncologica diretta dal professor Angiolo Gadducci e ha i suoi ambulatori al 2° piano dell'edificio 5 del Santa Chiara. Il dottor Vito Cela, ogni giorno a contatto con i problemi delle coppie che non riecono ad avere bambini, ci racconta come funziona oggi il servizio e i progetti per il futuro. ­

Dottor Cela, quanti interventi all'anno effettuate? "Una media di 500 interventi complessivi tra fecondazione assistita omologa e inseminazione. Con la fecondazione assistita le uova vengono aspirate e fecondate in vitro. In questo modo si creano embrioni che poi vengono trasferiti all'interno dell'utero. Attraverso l'inseminazione, usata soprattutto nei casi di bassa fertilità maschile, gli spermatozoi più vitali vengono invece immessi direttamente nell'apparato genitale femminile. L'80 per cento dei nostri interventi è di fecondazione assistita, che ha una percentuale di buona riuscita che va dal 27 al 30 per cento. Il restante 20 per cento sono inseminazione intrauterine, in cui la riuscita mediamente va dal 12 al 15 per cento. Sono buoni risultati, grazie ai quali abbiamo ricevuto la certificazione del Centro nazionale trapianti". ­

Quanto costa ad una coppia ricorrere ai sistemi 'artificiali'? "Da noi si paga il ticket previsto dalla Regione Toscana, che è di 500 euro per ogni tentativo di fecondazione assistita, fino ad un massimo di 3 tentativi. Dalla 4a prova in poi sono invece richiesti 1800 euro. 100 euro è invece il ticket per le inseminazioni intrauterine, che aumenta a 475 euro alla quarta prova. Inoltre le donne in entrambi i casi non devono avere più di 43 anni". ­

Quali sono le cause dell'infertilità e riguardano più gli uomini o le donne? "Diciamo che si dividono in maniera pressoché uguale tra uomo e donna e spesso dipendono da malattie varie, sia maschili che femminili. Una grossa parte dell'infertilità è però ancora inspiegata". ­

Anche lo stress ha le sue colpe? "Condurre una vita ansiogena può essere una componente di rischio. Inoltre ci sono coppie che non riescono ad incontrarsi nei momenti giusti. Non dimentichiamoci che in un mese ci sono 3 o 4 giorni di ovulazione, cioè un periodo abbastanza ristretto di tempo. Se due persone abitano lunghi periodi in luoghi diversi facilmente possono saltare i periodi fecondi. Sono casi rari, però esistono".

­Qual è l'infertilità più difficile da curare, quella maschile o quella femminile? "Entrambe sono difficili da curare. Quella maschile può essere più facile da risolvere perché possiamo andare a cercare direttamente dentro i testicoli gli spermatozoi più 'svegli'. Certo, nei casi in cui non ci siano spermatozoi o dove le uova non abbiano più la capacità di riprodursi, esiste solo la possibilità della fecondazione eterologa, ottenuta, cioè, con gameti esterni alla coppia". ­

Avete già effettuato questo tipo di intervento? "Stiamo iniziando a farlo, con tutte le difficoltà che ci sono in Italia, dovute alla mancanza di donatori".

­Perché mancano donatori in Italia? "Perché la nostra legge vieta il pagamento per queste donazioni. Quindi nessuno le fa. Ci dobbiamo appoggiare alle banche di gameti esistenti in altri Stati e poi esportare le uova o gli spermatozoi in Italia. L'ospedale di Careggi ha da poco fatto un bando per poter attingere alle banche estere. Presto dovremmo essere dunque in grado di muoverci in questa direzione. Nel frattempo stiamo pensando anche ad altri modi di procurarci i gameti". ­

Cioè? "Negli Stati Uniti esiste un metodo, chiamato 'Social freezing', che consistene nel congelare le uova di una donna, quando questa è in giovane età, per poi usarle quando è più avanti con gli anni. Addirittura il 'social freezing' viene offerto come 'benefit' alle donne che lavorano nelle imprese più aggressive, perchè possano fare la loro carriera nel periodo giovanile, mantenendosi la possibilità di diventare madri in età più matura. Siamo di fronte a dei cambiamenti generazionali e dobbiamo cercare di capirli e intercettarli. Potrebbe, dunque, diventare possibile offrire il 'social freezing' gratuito ad una ragazza che vuole intraprendere una carriera lavorativa importante chiedendole in cambio una parte delle sue uova da poter congelare e poi usare per la fecondazione assistita delle donne in difficoltà. Sarebbe un modo per incentivare la donazione, ma ovviamente per il momento si tratta solo di un'idea. Altri progetti stanno invece per prendere corpo". ­

Quali? "Uno dei nostri punti di forza, a cui siamo lavorando con grande interesse, è quello di preservare la fertilità nelle donne e negli uomini colpiti da tumore. La chemioterapia, infatti, può distruggere la capacità riproduttiva, ma è possibile recuperare e congelare il patrimonio ovocitario della donna e il liquido seminale dell'uomo prima di cominciare il ciclo di terapie. In questo modo entrambi potranno mantenere la capacità di riprodursi. Anche per le bambine affette da tumore è possibile il congelamento di pezzetti di tessuto ovarico che potranno essere congelati e poi trapiantati nuovamente una volta terminata la chemioterapia. E' bellissimo avere la possibilità di donare la speranza di una vita riproduttiva come quella di qualsiasi altra donna a chi ha avuto malattie così gravi, anche sul piano psicologico". ­

Quante professionalità sono necessarie per dare vita a questi percorsi? "Sono moltissimi gli specialisti e le unità operative che collaborano con il nostro centro: biologi, endocrinologi, oncologi, senologi, ematologi, radioterapisti, pediatri, genetisti, psicologi, sessuologi, psichiatri, andrologi, reumatologi, urologi, epatologi, infettivologi, fisiopatologi della ripoduzione e naturalmente ginecologi, infermieri e ostetriche. E chissà...forse ho dimenticato qualcuno".