"La piscina sotto le mura a San Zeno? In detrazione per spese sanitarie"

L’abuso edilizio è emerso nel giugno 2015, dopo un sopralluogo dei funzionari del Comune di Pisa e della Soprintendenza

La piscina tra le mura e la chiesa di San Zeno

La piscina tra le mura e la chiesa di San Zeno

Pisa, 13 dicembre 2017 - Le spese per la costruzione della piscina fra le mura e l’abbazia di San Zeno erano state detratte dalla dichiarazione dei redditi del 2014 come «spese sanitarie». E’ la curiosa novità emersa ieri mattina durante il processo che vede imputati una donna pisana e i suoi figli per abuso edilizio su terreno comunale e vincolato. La vicenda, che aveva destato scalpore in città nell’estate del 2015, è quella della piscina di San Zeno, scoperta da funzionari del Comune e della Soprintendenza durante un sopralluogo sul camminamento delle Mura in fase di restauro. La Procura di Pisa aveva subito avviato un procedimento penale contro la donna e i suoi figli che, per tutta risposta, iniziarono una guerra legale anche con il Comune di Pisa. La famiglia, che ha sempre rivendicato quel terreno come di sua proprietà, ha dovuto infine rimuovere il manufatto, che nel frattempo era stato posto sotto sequestro, e ripristinare la situazione originaria di quel terreno.

Il processo penale invece continua e la linea difesiva del legale della famiglia, Andrea Di Giuliomaria, appare tutta orientata a cambiare le carte in tavola. Ieri mattina, Di Giuliomaria ha difatti chiamato come teste della difesa la dipendente dello studio commerciale a cui la famiglia degli imputati è solita rivolgersi per la denuncia dei redditi. Di fronte a documenti con fatture, bonifici e detrazioni intestate all’anziana madre dell’imputata – reale intestataria del terreno e delle proprietà, e che però non figura nella lista degli imputati – , la dipendente dello studio commerciale ha raccontato alcuni colloqui avuti con la donna. L’imputata «portò queste fatture per detrarle come spese sanitarie. Sì, c’erano quelle della piscina – ha confermato la dipendente dello studio, ieri, davanti al giudice Raffaella Poggi –; mi disse che serviva perché l’anziana madre aveva bisogno di fare nuoto per motivi di salute».

Una detrazione bizzarra che potrebbe però rimettere in discussione l’impianto accusatorio del pm, focalizzato sulla responsabilità di quelli che ora sono gli imputati e che, forse, potrebbero non essere i reali ideatori ed esecutori dell’abuso. Bonifici e fatture per la costruzione della piscina sono difatti intestati all’anziana madre della donna e risalgono a un anno prima della scoperta dell’abuso. Le nuove carte potrebbero dunque cambiare lo scenario di quella che appare una storia infinita che la burocrazia ha complicato. Secondo gli accusati, la particella su cui sorse la piscina, è di loro proprietà. Le carte del catasto del 1939 smentirebbero invece questa versione e indicherebbero il Comune come legittimo proprietario. Ieri, a testimoniare è stata chiamata anche Claudia Rizzitelli, il funzionario archeologo della Soprintendenza che aveva partecipato al sopralluogo per verificare l’esistenza della struttura. Nella prossima udienza, fissata per il 24 aprile, toccherà al perito della difesa