Il tango sfratta l'ultimo ballo del Pd. «Dentro o fuori? Forse, chissà»

L’assemblea autoconvocata si tramuta in una seduta di psicanalisi

Paolo Fontanelli

Paolo Fontanelli

Pisa, 23 febbraio 2017 - Il saluto con il pugno chiuso dei vecchi compagni del fu Pci-Pds-Ds. Gli abbracci tra gli amici della vecchia Balena Bianca. C’è tutto e il contrario di tutto all’ex stazione Leopolda. Stesso nome di quella renziana, ma nulla di più distante. Perché qui il collante è proprio l’antirenzismo. E non importa se nella sala grande si balla il tango. Così, per l’ultimo ballo del Pd, ci si stringe nella saletta più piccola. In fondo, come insegnavano a Piazza del Gesù (dove c’era la sede della Dc), meglio così: «si sembra di più». Anche perché, poi, alla fine mica tutti sono convinti della scissione. «A quanto la dai?» chiede un compagno di San Giuliano Terme. «Cinquanta e cinquanta», risponde il giovane con gli occhialini alla Gramsci. A dimostrazione che ancora le bocce non sono ferme. La rabbia è tanta («non può finire così», ha scritto su Facebook l’ex premier pisano Enrico Letta).  « È dal 2014 che sono fuori», sbotta Giuliano Gianneschi davanti al ‘giovane turco’ Matteo Trapani. «Ma dopo 53 anni di attività sul territorio – affonda il dito nella piaga Gianneschi – questo scenario non me lo sento estraneo. La rabbia è intensa. La colpa è di chi non ha mai ascoltato». «Dalle Regionali?», chiede Trapani. «No, da prima. Da quando si è cominciato a personalizzare tutto. Il partito dov’è finito?». 

Dentro, nella saletta piccola, si boccheggia. Manca l’aria. Andrea Marchetti illustra la ‘piattaforma’ politica, tra i primi ad intervenire l’ex ministro Maria Chiara Carrozza («per ora resto, ma quanta delusione. Stasera dovevano esserci tutti. Dovevamo ricominciare a discutere di politica») e l’assessore Sandra Capuzzi («non accettiamo la definizione di ‘non renziani’, non accettiamo neppure la definizione di ‘diversamente renziani’. Come se a Pisa ci fosse qualcuno che indica la linea del segretario nazionale. Non è così»). Gli schiaffi letterali non ci sono. Ma le parole sono come pietre. E certi amori, quando finiscono fanno ancora più male. Non c’è la falce e il martello, in sottofondo non risuona ‘bandiera rossa’ come al Teatro romano della Vittoria. E non ci sono nemmeno le slides e le camicie bianche arrotolate all’avambraccio. «La sfida – carica la voce l’assessore Sandra Capuzzi che, poi, è sola visto che il ‘compagno’ Salvatore Sanzo anche stasera non c’è – non è andarsene quanto restare. Il Pd è il partito delle diversità, capace di governare. Che fa Rossi? Lascia la Regione?». Eccoli i nodi al pettine. Le visioni diverse.  

«Oh, ci sono», stridula, arrivando, Titina Maccioni. «Vado dentro, ma non si poteva dire a quelli del tango di lasciarci la sala grande?», aggiunge prima di essere risucchiata nella bolgia della sala piccola. Gli occhi si fanno lucidi. Aurelio Pellegrini, una vita da sindaco di Montescudaio e da assessore provinciale ricorda che a Pisa, «in direzione provinciale, abbiamo la maggioranza e se, giovedì sera (domani per chi legge, ndr), si vota, Mazzeo è in minoranza». «Non sono affatto contento – rincara la dose ancora Giuliano Gianneschi –. Sono solo orgoglioso di averlo detto da tempo. Non si parlava più delle persone. Guai a personalizzare la politica. Oggi si raccolgono solo i cocci. Basta con questo personalismo. Ritorniamo al Partito, quello con la P maiuscola. Non a quello personale, costruito ad immagine e somiglianza. Se ci fosse ancora Mario Montrone li farebbe tutti neri». E’ un’orgia di parole e di emozioni. Dentro e fuori si resta incollati ai telefonini. I ‘rossiniani’ sono i più attivi sulle chat di WhatsApp. Il governatore, che vuole farsi leader, scrive: «state fermi, aspettate». Ma il popolo dem è impaziente. «Stasera usciamo da qui e domani cosa facciamo?», è la domanda retorica di Matteo Trapani. Aurelio Pellegrini una risposta prova a darla: «facciamo un’assemblea permanente». Ma più che un assemblea di partito sembra di essere ad una grande seduta pubblica di psicanalisi. A smorzare i toni è l’avvocato dalla folta chioma bianca: «Bisogna che qualcuno comprenda che il tempo delle Botteghe Oscure è finito, così come quello del centralismo democratico. E non è neanche il tempo dei tatticismi. Il Paese ha bisogno di essere governato, non di nostalgie». La notte è lunga. E anche il ballo del Pd può continuare. Fino a quando? Si vedrà....