Caso Ragusa, padre Graziano ‘inguaia’ Logli

La condanna del prete (in assenza del corpo della vittima) è una freccia in più nell’arco dell’accusa

Roberta Ragusa è scomparsa da quasi cinque anni

Roberta Ragusa è scomparsa da quasi cinque anni

Pisa, 26 ottobre 2016 - Tra poco più di tre settimane (il 18 novembre) davanti al giudice Elsa Iadaresta si svolgerà l’udienza preliminare-bis per Antonio Logli, dopo che i giudici della Cassazione avevano fatto a pezzi a sentenza del giudice Giuseppe Laghezza che il 6 marzo dello scorso anno aveva prosciolto Antonio Logli dalle accuse dell’omicidio volontario della moglie Roberta Ragusa (scomparsa la notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012) e di averne distrutto il cadavere «perché il fatto non sussiste». Come dire che non solo Logli non è colpevole, ma non essendo stato trovato il corpo non c’è omicidio. Una sentenza ‘sbriciolata’ dai giudici romani, che hanno accolto i ricorsi dell’accusa e delle parte civili. Che dall’altro ieri hanno un’altra freccia nel loro arco: l’epilogo processuale (di primo grado) del caso di Guerrina Piscaglia, svanita nel nulla il primo maggio 2014 a Ca’ Raffaello (Arezzo), un caso per certi versi simile a quello della mamma di Gello. Lunedì, infatti, pur in assenza del cadavere, la corte d’assise del tribunale aretino ha condannato a 27 anni padre Graziano (il sacerdote Gratien Alabi) ritenuto colpevole dell’omicidio di Guerrina.

«Il 18 novembre sarà deciso se il signor Logli dovrà essere processato o prosciolto, come già avvenuto il 8 marzo 2015 - afferma l’avvocato Enrico Maria Gallinaro, che tutela Anna Maria e Antonino Ragusa, cugina e zio di Roberta - Non va dimenticato che in quella data l’imputato potrà anche decidere di accedere al rito abbreviato. La suprema Corte di Cassazione ha pero messo dei veri e propri indicatori di direzione, per quanto attiene ai criteri decisionali a cui il nuovo gup dovrà attenersi. Ciò sta a significare che superare tali indicatori, a mio parere favorevoli all’impianto accusatorio cosi come impostato, sia possibile tentare di farlo solo nel contraddittorio del processo. La Corte di Cassazione, ma anche recentissime sentenze ci hanno dimostrato e insegnato che anche in assenza di cadavere sia possibile celebrare un processo per omicidio ovvero arrivare ad una condanna per omicidio. Nel reato di omicidio l’evento morte è uno degli elementi da provare, come il fatto che il suo autore sia tizio o caio. Il fatto è che abitualmente si ha il cadavere e pertanto l’evento morte già è acquisto agli atti, ma questo non vuol dire che non possa essere provato indiziariamente, come avviene a volte per l’autore dell’omicidio. Quindi se vi sono indizi gravi precisi e concordanti, anche in assenza del cadavere l’evento morte deve ritenersi un fatto provato».