Roberta Ragusa, la Procura scopre le carte

A giorni la notifica di fine indagine: così Logli potrà conoscere gli elementi raccolti contro di lui / FOTOSTORY

Roberta Ragusa

Roberta Ragusa

Pisa, 22 settembre 2014 - QUESTA settimana — al più tardi all’inizio della prossima — il sostituto procuratore della Repubblica Aldo Mantovani invierà all’avvocato Roberto Cavani la notifica di avviso della conclusione delle indagini (i cui termini sono scaduti oltre cinque fa, ovvero il 16 aprile) su Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa, misteriosamente scomparsa la notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua abitazione in via Ulisse Dini a Gello di San Giuliano Terme. Nell’avviso saranno indicati i reati dei quali l’uomo è accusato: omicidio volontario (appare improbabile la contestazione dell’aggravante della premeditazione) e soppressione di cadavere (non più occultamento come quando venne iscritto nel registro degli indagati).

COMPIUTO questo passo, il difensore di Logli potrà acquisire gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Il codice di procedura penale prevede che entro 20 giorni Logli possa presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa a investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto a interrogatorio. Se l’indagato chiedesse di essere sottoposto a interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi. In realtà il termine di 20 giorni non è tassativo e in questo caso - sono migliaia le pagine dell’inchiesta - all’avvocato Cavani dovrebbe essere concesso molto più tempo (almeno un paio di mesi) per studiare tutta la documentazione.

SI DOVREBBE così arrivare ai primi di dicembre quando - ma anche in questo non prevista una tempistica definita - il pm Mantovani potrà chiederà il rinvio a giudizio (o, in alternativa molto teorica, viste «le dichiarazioni di intenti», l’archiviazione) del marito di Roberta Ragusa. E così si arriverà alla fissazione dell’udienza preliminare, presumibilmente tra la fine di aprile e i primi di maggio. Ovvero a circa due anni distanza dall’incidente probatorio in cui il supertestimone Loris Gozi cristallizzò la sua deposizione in cui ha smontato l’alibi di Logli, affermando di averlo visto in via Gigli all’una della note della scomparsa di Roberta, mentre il marito della donna sostiene di non essere uscito da casa e di aver dormito da mezzanotte fino al mattino successivo.

A PICCOLI passi, con la lentezza tipica del farraginoso (e, per alcuni aspetti, anche «imprevedibile») sistema giudiziario del nostro Paese, il «mistero di Gello» si avvicina ad arrivare in un’aula del Tribunale. Ci vorrà, però, ancora parecchio tempo — è bene precisarlo subito — perché, come tutti sappiamo i tempi della giustizia italiana (penale e civile) sono quelli che sono: lunghissimi e, appunto, indefinibili. Azzardando una (abbastanza empirica) previsione temporale si può realisticamente ipotizzare che a non prima di due anni di distanza dal primo episodio — ovvero l’incidente probatorio del 30 aprile 2013 — Antonio Logli si ritroverà di nuovo davanti al giudice, stavolta quello dell’udienza preliminare.