"Pisa come Cambridge. Capitale dell'industria 4.0"

Faccia a faccia con l'ex ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza

L’ex ministro Maria Chiara Carrozza

L’ex ministro Maria Chiara Carrozza

Pisa 25 ottobre 2016 - Secondo gli analisti di Google la rivoluzione digitale renderà disponibili 900mila posti di lavoro in Europa entro il 2020. E’ l’industria 4.0 che comincia a prendere forma. E come tutto ciò che riguarda l’innovation technology è più rapido di quanto siano state le precedenti rivoluzioni industriali. Solo una settimana fa il premier Renzi è venuto a Pisa, alla Scuola Superiore Sant’Anna, per illustrare, con il ministro Paolo Calenda, quello che è il piano del governo italiano. Un piano in cui la Scuola di piazza Martiri della Libertà è un player fondamentale. Un’occasione per l’Ateneo dei numeri primi, ma anche per Pisa e il suo territorio. Onorevole Maria Chiara Carrozza, lei è stata Rettore della Scuola e Ministro dell’Istruzione, è un’occasione da non lasciarsi scappare? «Certamente si tratta di una opportunità importante per la Scuola Sant’Anna, abbiamo un riconoscimento dal governo che le nostre competenze sono importanti per il futuro della nostra ricerca e della nostra impresa, nell’ambito di industria 4.0. Sono molto orgogliosa del nostro successo, che penso di aver contribuito a creare con tanto lavoro oscuro prima da ricercatrice e poi da parlamentare. Ho cercato di fare il possibile per la città a partire da quello che so fare: la ricerca e l’innovazione. Deve essere però un punto di partenza su cui costruire il futuro». Perché? «Perché nel quadro di industria 4.0 ci sono tutti gli ingredienti, la scienza, la tecnologia e l’impresa. Penso che il territorio pisano abbia bisogno di tutte e tre queste componenti per creare posti di lavoro e benessere nell’ambito della nuova economia». In fondo è da qui che 30 anni fa è partito internet? «Come 30 anni fa ci sono ricercatori visionari, e istituzioni che li hanno messi in grado di esprimere le potenzialità nell’ambito di un contesto favorevole. Questo è il merito del Sant’Anna, saper valorizzare le personalità emergenti e dare loro mezzi per sviluppare le proprie idee, senza guardare a età, provenienza sociale o geografica, ma semplicemente giudicando i progetti e le proposte». Come fare per non farla diventare l’ennesima occasione mancata? «E’ importante non pensare di controllare le persone in maniera gerarchica, non affogarle nella burocrazia, e lasciare che le leadership si esprimano in un contesto positivo e non troppo strutturato. Penso anche che sia importante la condivisione di valori comuni, come l’onestà, l’essenzialità, il servizio per gli altri. Dobbiamo riprendere a parlare di cosa ci tiene insieme in questi progetti. Devono prevalere questi valori, e tutto andrà bene».  Da Rettore lei ha avviato il percorso per la realizzazione del Campus della Sant’Anna a Pisa perché non ha avuto seguito? «Da Rettore ho cercato spazi di sviluppo per la Scuola mettendo in concorrenza varie offerte e insieme al consiglio di amministrazione ho scelto la proposta migliore, che era nel comune di San Giuliano. Non essendoci un’area definita per campus universitari, abbiamo cercato di trovare spazi adeguati muovendoci da soli secondo le regole di un ente pubblico».  Cosa avrebbe significato per Pisa? «Credo che non dobbiamo guardare troppo alla differenza fra Pisa e San Giuliano, in quel particolare sito dove sorgerà il Campus, i due comuni sono confinanti. Ci sono altre strutture universitarie, la responsabilità per Pisa sarà mettete a disposizione mezzi pubblici per gli studenti e i ricercatori».  In realtà quello che è mancata è una visione organica del rapporto tra il territorio e le università presenti a Pisa... «Penso che non ci sia stata un’idea integrata di campus decentrato e che il rapporto fra città e Università avrebbe potuto svilupparsi meglio con un progetto strategico organico. Forse anche il problema della movida poteva essere affrontato in quest’ottica».  Se ci fosse consentirebbe anche di ripensare il centro storico liberando oggi edifici occupati da i tre Atenei? «Difficile dirlo senza uno studio organico, ma penso che occorrerebbe una conferenza di servizio fra tutti gli atenei per elaborare un piano strategico e lavorare insieme a un progetto di cittadella universitaria. Quando sono stata Rettore non sono mai stata chiamata a una riunione comune per parlare del futuro della città. Invece penso che sarebbe stato utile».  Se lei fosse sindaco come immaginerebbe Pisa capitale dell’industria 4.0. Non solo in presenza di Campus e laboratori super tecnologici, ma anche nelle scelte urbanistiche e di sviluppo? «Ci ho spesso pensato ed è il mio sogno, Pisa come Cambridge, vorrei uno sviluppo organico, e credo che mi rivolgerei anche a urbanisti e specialisti per capire come pensare ad una integrazione fra start-up, istituzioni universitarie e città. Io vedo industria 4.0 come un volano per creare a Pisa un laboratorio di open innovation che possa essere aperto a imprese e istituzioni. Mi piacerebbe che provassimo a lavorarci insieme istituzioni e politica con spirito costruttivo. Penso che in città potrebbe essere migliorata la ricettività per i ricercatori e gli studenti fuori sede con servizi adeguati che favorirebbero l’economia della città».  Ah, a proposito, se qualcuno all’interno del suo partito glielo chiedesse sarebbe disponibile a candidarsi per il dopo Filippeschi? «Sono convinta che il mio partito debba riflettere seriamente, anche in modo assembleare e aperto. Siamo di fronte ad una fase critica, non penso che soluzioni calate dall’alto possano funzionare ma nemmeno primarie laceranti. Abbiamo una grave responsabilità sulle spalle che non si può liquidare solo con una gara fra nomi. Non desidero candidarmi a sindaco, però vigilerò e parteciperò attivamente alla prossima fase di costruzione di un programma per Pisa. Sono sinceramente attaccata alla mia città e mi fa piacere parlarne».