Ferretti in caserma, prese le impronte. Si ricostruisce la scena del crimine

Domani ad Aprilia i funerali di Bernardi. Indagini serrate sui complici

I rilievi dei carabinieri alla gioielleria di via Battelli subito dopo la rapina (Foto Valtriani)

I rilievi dei carabinieri alla gioielleria di via Battelli subito dopo la rapina (Foto Valtriani)

Pisa, 20 giugno 2017 - E’ tornato in caserma dai carabinieri ieri Daniele Ferretti, il gioielliere di via Battelli che una settimana fa ha reagito a un tentativo di rapina sparando e uccidendo uno dei rapinatori. Le indagini dei militari proseguono infatti sul doppio binario: da una parte gli accertamenti tecnici per ricostruire con esattezza la dinamica dei fatti, dall’altra le investogazioni tradizionali per individuare e rintracciare i due complici della vittima, il rapinatore Simone Bernardi, 43 anni, originario di Aprilia (Latina) dove mercoledì 21 alle 16.30 saranno celebrati i suoi funerali. Il bandito sarà infatti tumulato nella sua terra d’origine, anche se a Pisa, dopo la lunga detenzione al Don Bosco per una precdente rapina culminata in sparatoria e compiuta nel Grossetano, aveva provato a mettere nuove radici allacciando una relazione sentimentale con una volontaria del carcere. La dipendenza dalla droga però lo ha fatto precipitare di nuovo nella malavita e non è escluso che le indagini ora si concentrino proprio sulle frequentazioni locali di Bernardi per cercare di risalire agli altri due rapinatori che sono riusciti a fuggire.

Ieri, intanto, a Ferretti sono state prese le impronte digitali. Una procedura che serve soprattutto per ricostruire la scena del crimine con esattezza e per andare «ad esclusione», come si dice in gergo investigativo, nell’individuazione delle impronte rilevate in negozio durante il sopralluogo successivo alla sparatoria e protrattosi fino a notte fonda. Un’attviità tecnica che serve anche a definire con certezza la posizione giuridica del gioielliere, tuttora indagato per omicidio, anche se la visione delle immagini riprese dalla videosorveglianza interna al suo locale confermano che la sua reazione è stata per legittima difesa e per difendersi da una "minaccia incombente" rappresentata dal fatto che il complice di Bernardi era entrato puntando la pistola in faccia alla moglie di Ferretti, che è giunto dal retrobottega con la sua arma legalemente detenuta per farlo desistere prima che cominciasse la sparatoria culminata con l’uccisione del rapinatore laziale.

Il bandito armato e l’altro complice, rimasto all’esterno a fare da palo, sono invece riusciti a fuggire a piedi: al vaglio degli inquirenti ci sono anche due fotografie che li ritraggono e che sono state scattate con un telefonino da un testimone che le ha immediatamente fornite ai carabinieri. Gli investigatori stanno anche ricostruendo tutti i contatti di Bernardi attraverso il tabulato del suo telefono cellulare per ricostruire spostamenti e abitudini e circoscrivere il suo raggio d’azione, nella speranza che proprio tra questi contatti possano esserci i complici della rapina di martedì scorso. Un’attività minuziosa che darà i suoi risultati. "E’ solo questione di tempo", assicurano fonti investigative.