Ribaltare la prospettiva

Il commento del responsabile della redazione pisana de La Nazione

Tommaso Strambi

Tommaso Strambi

Pisa, 23 luglio 2017 -  Marx è morto e Ciccio lo sa. O, forse, no. Di sicuro è rimasto ancorato alle categorie del Novecento. E, attraverso di esse, continua a guardare nel binocolo della politica. Questione di sonorità. Così, più che ascoltare il poeta di Pavana, Francesco Guccini («Con gli odi di partito, dio è morto»), preferisce il Blasco nazionale e il suo «c’è chi dice no». Nel frattempo, però, il mondo è cambiato. Non fosse altro per quello tsunami scatenato dai mutui subprime che dall’America ha contagiato tutti i mercati economico-finanziari. Così a restare fermi, o meglio ancorati, a certe visioni nostalgiche, il rischio è quello di affondare sempre più giù. E, soprattutto, di bloccare quelli ingranaggi della ripartenza colti anche da Guccini («...questa mia generazione è preparata. A un mondo nuovo e a una speranza appena nata. Ad un futuro che ha già in mano»). Troppo faticoso mettersi in discussione. Così il Nostro (Ciccio Auletta) continua a preferire il Blasco: «C’è chi dice qua. C’è chi dice là. Io non mi muovo».

Questione di rendita. Intercettare le nostalgie del passato, in fondo, uno scranno lo garantisce sempre. E non importa se è d’opposizione. Anzi, meglio visto che governare è sempre una questione complessa. Ma siamo proprio sicuri? Il rischio di cadere in contraddizione è dietro l’angolo. E Ciccio questo non lo sa, perché se lo sapesse, forse, sulla vicende dell’ex Palazzo Telecom avrebbe guardato con un occhio più lungimirante. In fondo l’offerta della Fondazione Pisa avrebbe garantito risorse sicure alla casse comunali (anche da impiegare per il sociale) e, soprattutto, consentito di ampliare un polo museale e quindi favorito la crescita dell’offerta culturale della nostra città. Ma «c’è chi dice no», come Ciccio. Così, oggi, quel Palazzo è desolatamente vuoto e a forza di ribassi alle aste potrebbe finire (sì) nelle mani di qualche privato pronto a speculare. Ecco le contraddizioni di un universo fossilizzato sulle categorie del Novecento. Ci servono davvero? Forse oggi la cosa più rivoluzionaria da perseguire è quella di partire dalle proposte. Ecco perché la sfida lanciata da Ilario Luperini (un passato non certo da reazionario) è da cogliere al volo. Certe volte occorre ribaltare la prospettiva: «promuove esperienze di cittadinanza attiva tendenti alla cura del patrimonio pubblico, mediante l’adozione di luoghi e monumenti, e l’attuazione di campagne dirette di manutenzione e decoro dello spazio urbano e dei monumenti», proprio come recita lo statuto dell’Associazione Amur. Una sfida impossibile? Noi crediamo di no. In un mondo completamente cambiato è da una rinnovata sinergia tra pubblico e privato che possono nascere prospettive di crescita. Pisa è cambiata e può cambiare ancora puntando proprio sulla sua vocazione culturale (non è un caso che ospiti centri di eccellenza universitari, laboratori e incubatori di innovazione) ma per farlo occorre che anche la classe dirigente della città solleciti e indichi alla politica la strada da percorrere. Questa è la sfida che da oggi vogliamo lanciare alla città: ripartire dall’ex Palazzo Telecom per guardare insieme all’orizzonte del futuro.Buona domenica.