Il conte Ugolino tra storia e leggenda

L’antico signore di Pisa, un scheletro e un grande tesoro

Il professor Francesco Mallegni

Il professor Francesco Mallegni

PISA, 9 luglio 2016 - Lo spettro del conte Ugolino continua ad aleggiare in città e a far parlare di sé sfidando i secoli. Storia e leggenda, realtà e mito, la notizia dell’avvio degli scavi nella zona sui lungarni in cui sorgevano le case dell’antico e potente signore di Pisa, segue, in ordine di tempo, altri episodi che lo hanno visto protagonista. In anni recenti è stato il professor Francesco Mallegni a studiare i resti della sepoltura di Ugolino e a identificare con certezza l’appartanenza delle ossa rinvenute nel sepolcro all’interno della Chiesa di San Francesco. La riesumazione, avvenuta nel 2001, si proponeva di appurare la verità sulla morte per fame, avvenuta nel 1289, del conte, dei figli Gaddo e Uguccione e dei nipoti Anselmuccio e Nino, nonché di chiarire una volta per tutte se avesse un qualche fondamento il terribile sospetto di cannibalismo gettato sul conte dal celebre canto XXXIII dell’Inferno di Dante. I resti trovati nel sepolcro – alla cui apertura parteciparono anche gli attuali esponenti dei Della Gherardesca – erano in disordine, ma l’indagine ha permesso di individuare le ossa di cinque scheletri maschili: un uomo di 70-75 anni, due fratelli sui 45-50 anni e altri due fratelli di 20-30 anni (ovvero i nipoti di Ugolino, che non erano evidentemente dei bambini, come invece voleva far credere Dante che aveva tutto l’interesse a rendere ancor più truce il suo racconto). La prova regina è poi arrivata con gli esami e i riscontri del Dna e del conte venne ricostruito anche il volto (nella foto, con il professor Mallegni). Ma il nome di Ugolino è in qualche modo collegato anche al ritrovamento del celebre «tesoro di Banchi». Il fatto risale al 1925: durante gli scavi per realizzare i bagni Cobianchi, appunto sotto le Logge di Banchi, affiorò un tesoro, si presume di migliaia di monete d’oro, quasi tutte del XIII secolo, che vennero poi in larga parte trafugate, fuse e vendute insieme a numerosi sacchetti di polvere d’oro. Un fatto torbido, cui seguì un’indagine che permise di recuperare 229 pezzi (oggi esposti al San Matteo). Ma la consistenza del ritrovamento – costituito di monete pressoché nuove di zecca – fece subito pensare che si potesse trattare del tesoro della Repubblica di Pisa nascosto proprio negli anni in cui l’antica città stava vivendo uno dei momenti di maggiore incertezza con la tormentata Signoria del conte Ugolino e la pesante sconfitta della Meloria (1284). Il tesoro è stato studiato a fondo dal numismatico Luciano Lenzi che ipotizzava la presenza di altre monete e ripostigli segreti. Verità che potrebbe essere accertata solo riprendendo lo scavo sotto le Logge di Banchi nelle porzioni mai esplorate.

Guglielmo Vezzosi