"Quel soldato mi prese in collo e mi salvò dall’onda dell’Arno"

Patrizia Pacini si è riconosciuta nella foto Frassi: "Avevo due anni"

Patrizia pacini si ricnosce in una foto dell'alluvione di Pisa, 1966

Patrizia pacini si ricnosce in una foto dell'alluvione di Pisa, 1966

Pisa 4 novembre 2016. «Le paratie sul lungarno non reggevano più e un fiume d’acqua e fango scendeva veloce per corso Italia. I miei genitori avevano le mani occupate da pacchi e valige e stavano cercando una strada per allontanarci il prima possibile quando un giovane soldato mi ha sollevato di peso e ha cominciato a correre verso la stazione». Sono passati 50 anni da quando l’Arno inondò tutta la città, ma nei ricordi di Patrizia Pacini certe immagini sono impresse a fuoco vivo come se risalissero a pochi giorni fa.

Nel 1966 aveva solo due anni e l’immagine di lei bambina in braccio a un giovane militare immerso nell’acqua fino alle ginocchia fu catturata dal fotografo Luciano Frassi e ora viene riproposta da La Nazione (uscirà giovedì 10 novembre) come una delle dodici stampe allegate al quotidiano in edicola per ricordare quelle terribili giornate.    «Vedere quella fotografia per me è stata un’emozione forte – racconta Patrizia Pacini –, all’epoca ero molto piccola, ma quegli attimi me li ricordo ancora molto bene. Non ho mai saputo come si chiamasse il soldato che mi portò in salvo, ma ho sempre desiderato incontrarlo di nuovo per ringraziarlo».  Patrizia Pacini oggi fa la fioraia, ha un negozio in via Sant’Agostino, nel quartiere di San Giusto, e non ha difficoltà a riandare indietro nel tempo a quando la furia dell’Arno ha rischiato di travolgerla. «All’epoca – racconta – con i miei genitori abitavamo a Milano, quel giorno di novembre eravamo appena arrivati in treno e stavamo andando con pacchi e valige dai miei nonni che vivevano in via delle Belle Donne.

Quando siamo arrivati all’altezza della chiesa del Carmine ci hanno fermato e ci hanno detto di tornare indietro perché l’Arno stava tracimando. Ricordo ancora – prosegue – i miei genitori che cercavano di capire cosa fare quando questo soldato molto giovane mi prese in braccio e cominciò a correre tra l’acqua e il fango. Mi mise a terra che ormai eravamo di nuovo in stazione. Quel giorno alla fine andammo dagli altri miei nonni in via Sant’Agostino dove aspettammo che la situazione si normalizzasse. Quei momenti però me li ricordo ancora, nonostante fossi solo una bambina il rumore dell’acqua che arrivava mi è sempre rimasto impresso».