Pisa, 27 giugno 2014 - SE il presidente Enrico Rossi avesse visitato ieri il Pronto Soccorso di Pisa, avrebbe di certo confermato la sua idea di rivoluzionarlo. Avrebbe però anche colto l’origine del triste primato di cui accusa la struttura. Troppe emergenze per pochissimi posti letto e ridottissimi medici e infermieri. Al triage, ieri mattina, non erano molte le persone in coda, nonostante funzionasse un solo sportello perché l’altro era impegnato da un sopralluogo del direttore del Dea, Massimo Santini, restio a rilasciare dichiarazioni. Un uomo, in preda a una colica renale, aspettava da due ore su una sedia della sala attesa e altri i propri cari sotto osservazione al di là di una grande porta. Niente caos e nessun inferno apparente all’ingresso. Oltre quella porta, però, nell’area protetta normalmente inaccessibile, lo scenario mutava. E irritava. Ecco quello che abbiamo visto.

BARELLE dovunque, allineate ad ogni corridoio dell’immensa struttura del Pronto soccorso. Su esse decine di pazienti provati da ore e notti trascorse fra un corridoio e l’altro senza cibo, acqua né comodità per i bisogni. Tutti rassegnati all’attesa, senza neppure più la forza di protestare. Con chi, poi? Nessuna delle decine di persone che avevano passato la notte in barella aveva parole d’accusa per i medici e gli infermieri che, da una parte all’altra del Pronto Soccorso, ieri mattina come tutti i giorni e le notti, assistevano con dedizione totale i pazienti. Livia Rugoli, mercoledì notte, ha dormito in barella in corridoio. Accanto a lei c’è Paolo Mingaroni, marito di una paziente in attesa di sottoporsi a un esame. Entrambi concordano: «Medici e infermieri sono straordinari, affidabili, gentili, cortesi e dediti. Fanno il loro dovere con grande serietà. Sono incolpevoli di tutto questo disagi che patiamo senza sapere perché». Salvatore Mazzola è il padre di uno studente universitario che dal 24 giugno dorme su una barella del Pronto Soccorso di Pisa. E’ arrivato d’urgenza da Enna, dopo aver saputo del figlio, e non vuole credere ai suoi occhi: «E’ una grande ingiustizia — dice —, che si lasci un paziente per tre giorni su una barella in un corridoio senza assicurargli almeno il vitto. Chi non può contare su amici o famigliari, come fa? Non è dignitoso».

I PAZIENTI del Pronto Soccorso sono in sostanza figli di nessuno. Qui non è previsto il vitto, se non nella misura di un po’ d’acqua e di biscotti per chi è in osservazione breve intensiva (Obi) o temporanea (Ot). Ma per chi è «in destino», cioè in attesa di ricovero è dura la sorte, perché formalmente si è già in carico al reparto di destinazione, ma fisicamente si è su una barella in un reparto, il Pronto Soccorso, che reparto non è. E la causa è una: la mancanza di posti letto, oggetto di tagli smisurati negli ultimi anni. Quel posto letto che ieri, su una barella in corridoio, aspettava per sé anche l’assessore provincialeAnna Romei: «L’aziendalizzazione della sanità ha trasformato la logica che ne era alla base. La logica di far quadrare il bilancio non regge se c’è di mezzo la vita delle persone».